“Per salvare una foresta occorre fornire ai suoi abitanti un’alternativa
alla deforestazione”.
Prendendo
spunto dal dibattito, particolarmente sentito, che in questi giorni si sta
sviluppando sul tema degli incendi che stanno colpendo la foresta amazzonica mi
sono imbattuto in questa frase di Jonathan Franzen tratta da uno dei sedici testi –
quello denominato in italiano “Salva quello che ami” - che compongono il suo
ultimo libro dal titolo “La Fine
della fine della Terra” (Edizioni
Einaudi).
Uno dei meriti di un grande scrittore è proprio quello, a mio parere, di
riuscire ad illuminare il nostro pensiero in maniera efficace, semplice e
sintetica. Viviamo in una realtà estremamente complessa, lo sappiamo, eppure
talvolta la risoluzione ad un grande problema come quello del disboscamento
della foresta amazzonica può essere sintetizzato con una semplice frase come
quella sopra citata.
Immagino che non tutti saranno d’accordo col pensiero di Franzen riguardo
all’Amazzonia. Io invece si.
Sicuramente una parte degli incendi che stanno colpendo l’Amazzonia in
questi giorni sono di natura dolosa e provocati da chi intende specularvi per
poi trasformare quei terreni disboscati in zone di coltivazione. Il punto però
è che almeno una parte di coloro che bruciano quei terreni è composto da
indigeni locali che segue, con questa operazione, una tradizione secolare e
probabilmente brucia quella parte di foresta perché costretta dalla mancanza di
alternative economiche migliori oltre che dalla inconsapevolezza del danno
indiretto che questa azione può causare al clima del nostro pianeta.
Franzen è un grande appassionato di Birdwatching ed in questo suo ultimo
libro egli prende spunto dai suoi viaggi in giro per il mondo ad osservare le
migliaia e migliaia di specie di uccelli che popolano il nostro pianeta e per trarne spunti e riflessioni che riguardano, più in generale, l’uomo ed i suoi comportamenti. I temi
affrontati sono tanti e vari, dal cambiamento climatico ai social network al
crollo delle torri gemelle del 2001. Magari non potremo sempre condividere il
pensiero dello scrittore su tutto ma indubbiamente le sue valutazioni hanno il
merito di stimolare e scuotere il lettore sulle varie tematiche di volta in
volta affrontate.
Per necessità di sintesi e per particolare interesse a questo specifico
tema desidero tuttavia, in questo post, limitarmi a commentare quanto il nostro
scrittore afferma in merito al problema dei cambiamenti climatici a cui dedica
una riflessione trasversale sulla quale ritorna più di una volta nei vari
capitoli del suo libro che, tra l'altro, alla sua uscita negli Stati Uniti ha suscitato non
poche polemiche.
Franzen parte dal presupposto che certamente l’uomo dovrebbe sforzarsi di
ridurre le proprie emissioni di CO2 in atmosfera. Ma non lo farà mai condannando in questo modo all’estinzione la propria specie oltre che a migliaia di specie animali ad iniziare da quella particolarmente cara allo scrittore,
gli uccelli. La focalizzazione sul tema del cambiamento climatico e l’affermazione
in base alla quale la “colpa” sia di tutti significa - secondo Frenzen - in pratica dire che essa
non è, di fatto, di nessuno. Preoccuparsi tanto di quanto avverrà nel futuro
prossimo rappresenta, a parere dell'autore, un errore in quanto ci distrae dai
problemi immediati. A tale proposito non mancano in questa opera aperte
critiche anche al mondo ambientalista. Citando ancora un passo del libro:
“Ma i cambiamenti climatici
sono allettanti per le organizzazioni che vogliono essere prese sul serio…( ), …se da un lato autorevoli ricerche
scientifiche stimano che ogni anno, solo negli Sati Uniti, le collisioni e i
gatti uccidono più di 3 miliardi di uccelli, dall’altro nessuna singola morte
di uccello può venire attribuita con certezza ai cambiamenti climatici…( )…Imporre controlli più severi ai parchi
eolici per assicurarsi che non vengano costruiti lungo la rotta di milioni di
uccelli migratori susciterebbe l’ostilità dei gruppi ambientalisti che
sostengono l’energia eolica ad ogni costo.”
Franzen sostiene che la Terra oggi assomigli ad una persona ammalata di un
cancro incurabile. Potremo scegliere di curarla con una terapia estremamente
aggressiva applicando soluzioni quali la coltivazione di terreni per la
produzione di biocarburanti, fattorie solari e parchi eolici allo scopo di
ritardare di qualche anno la nostra fine. Oppure scegliere di conservare, a
discapito della più duratura preservazione della specie umana, alcune zone del
pianeta dove resistono animali e piante selvatiche.
In questo secondo caso
rischieremmo di accelerare la scomparsa della nostra specie ma riusciremmo almeno a preservare qualche ecosistema pressochè intatto. Ma su questo ultimo punto
Franzen rimane estremamente scettico. La specie umana per lo scrittore
statunitense è condannata a fare la fine della rana nella pentola che bolle.
Finirà per reagire in maniera concreta solo quando sarà troppo tardi.
Michele Salvadori
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