lunedì 30 novembre 2009

La Campagna "Sempreverde 2009"


La collaborazione tra Amici della Terra e Obi dura da ormai 4 anni e col tempo si è consolidata.
La campagna “Sempreverde, semprevivo!” giunge quest’anno alla sua terza edizione e l’intento è quello di renderla ogni anno sempre più efficace superando gli obiettivi, anche in termini numerici, raggiunti negli anni precedenti.
Quest’anno il nuovo traguardo è quello di riuscire a superare le 3.500 ripiantumazioni di abeti realizzate nel corso dell’ultima edizione.
Innanzitutto è dunque doveroso da parte nostra ringraziare la Obi per la costanza e l’impegno che sta garantendo a questa per noi importante iniziativa. Per maggiori info vi invito a consultate anche il sito della OBI all’indirizzo: http://www.obi-italia.it/it/company/it/Ambiente_e_sociale/SempreverdeSemprevivo/index.html

Ma se tutto questo sarà possibile sarà anche grazie alla stretta, indispensabile collaborazione offerta dall’Azienda Vivaistica “Bani” che ha sede a Castel San Niccolò e che è da ritenersi il terzo protagonista di questa bella iniziativa.
L’Azienda Bani infatti, oltre a coltivare e mettere in commercio gli abeti, offre ogni anno la disponibilità di un proprio appezzamento di terreno utile alla ripiantumazione degli abeti che altrimenti non sarebbero recuperati e salvati da un triste destino.
Grazie ad una formula ormai consolidata la Obi Italia mette in vendita presso tutti i propri punti commerciali presenti sul territorio italiano abeti in zolla (cioè ancora forniti di radici e terra) al costo di 10,00 euro al pezzo. A tutti coloro che riconsegneranno, assieme al relativo scontrino di acquisto, lo stesso albero in buono stato di salute dopo le festività e comunque entro il 9 gennaio 2010 verrà consegnato un buono acquisto dello stesso valore spendibile presso i centri OBI entro il 31 marzo 2010.L’abete riconsegnato verrà preso “in custodia temporanea” dalla Obi che a sua volta organizzerà la sua spedizione, meglio sarebbe dire, il suo “ritorno al luogo di nascita”, a Castel San Niccolò dove poi verrà ripiantato in un terreno già individuato e destinato allo scopo, all’interno del Vivaio Bani, proprio dietro il controllo e la verifica del procedimento da parte degli Amici della Terra che ne saranno garanti nonché esecutori materiali, almeno nella sua fase di avvio.
Per celebrare degnamente l’iniziativa Domenica 31 Gennaio 2010 gli Amici della Terra organizzeranno una “spedizione” di loro volontari, naturalmente aperta anche a chiunque altro voglia parteciparvi ed in particolar modo rivolta alle giovani famiglie con bambini.
I bambini infatti vorremmo fossero i principali artefici e protagonisti dell’iniziativa sia perché è a loro che in primis si rivolgono le nostre attenzioni in quanto è soprattutto agli adulti di domani che ci auguriamo di trasmettere un messaggio che vada nella direzione di un sempre maggior rispetto della natura e dell’ambiente più in generale, e perché da sempre il Natale, di cui l’abete assieme al presepe è uno dei due principali simboli, è la festa per eccellenza dei bambini.
Ma la giornata, oltre ad essere un’occasione per tutti per trascorrere qualche ora all’aperto e in un ambiente incontaminato come quello delle foreste del Casentino, offrirà anche agli adulti alcuni spunti interessanti come quello di poter conoscere le varie specie di abeti presenti e coltivati sul nostro territorio: dall’abete rosso a quello bianco, dall’abete normandiano (probabilmente il più bello) a quello del Caucaso, ognuno con caratteristiche e modalità di coltivazione diverse.
Sapevate ad esempio che un abete di circa 1 metro e mezzo, (l’altezza media degli abeti messi in vendita), attraverso un lungo e faticoso percorso, impiega circa 10 anni per raggiungere quell’altezza?Ogni anno assistiamo puntualmente allo scempio di queste piante che prima vengono maltrattate in casa dove sono costrette ad adattarsi a temperature in media di circa 22-24 °C, cioè decisamente superiori a quelle del loro habitat naturale in questo periodo dell’anno, per poi essere spesso abbandonate, subito dopo le feste, di fianco ad un cassonetto perché in casa non lo vogliamo più, non ci serve più.
Ecco, l’augurio finale è proprio quello di riuscire con questa iniziativa a trasmettere un messaggio diverso che ispiri in tutti noi ( e in questo caso soprattutto negli adulti, perché poi è agli adulti che i figli guardano in cerca di un esempio), un maggior senso di responsabilità e consapevolezza che l’uomo ha, deve avere sempre più, nei confronti dell’ambiente tutto.

La partecipazione alla giornata del 31 gennaio è assolutamente gratuita e non prevede alcun costo per i partecipanti. Abbiamo, tra l’altro, pensato di renderla ancor più interessante offrendo la possibilità di effettuare una visita guidata alla Rocca del Castello di San Niccolò.
Il pranzo sarà invece offerto a tutti i partecipanti dall’Azienda Bani.

Per avere in dettaglio il programma della giornata, chiedere ulteriori informazioni e/o prenotarvi, potrete consultare il seguente indirizzo: http://www.amicidellaterra.it/adt/index.php?option=com_content&task=view&id=685&Itemid=1

oppure contattare l’associazione Amici della Terra di Firenze sia via telefono allo 055/2207304, sia per e-mail all’indirizzo: info@amicidellaterra.org

Rammento in conclusione che la partecipazione all’evento finale, causa numero di posti limitati, è vincolata all’obbligo di prenotazione fino ad esaurimento posti.

Michele Salvadori
Presidente
Amici della Terra Firenze Onlus

sabato 28 novembre 2009

La Slow Economy e il "Sinocentrismo" di F. Rampini


Il nuovo libro di Federico Rampini, dal titolo “Slow Economy – Rinascere con saggezza” ( Ediz. Mondadori, Euro 17,00) propone la tesi secondo cui il mondo si sta avviando in direzione di un modello economico “sinocentrico”. Sarà la Cina il futuro Paese leader dell’economia mondiale? Probabilmente.
Rampini, da profondo conoscitore sia del mondo asiatico, ( è autore tra l’altro di un altro bel libro “L’impero di Cindia” con il quale 2 anni fa aveva analizzato le ragioni della grande crescita economica che si stava sviluppando in Asia, in paesi come la Cina e l’India), che di quello statunitense, raffronta questi 2 mondi apparentemente così diversi e lontani e che ora per una disparità di ragioni sono costretti a convivere a stretto contatto e a confrontarsi tra loro, prefigurando una sorta di passaggio di consegne tra i due con l’Europa relegata in un ruolo marginale.
Nello scontro tra questi due mondi la Cina, secondo Rampini, è destinata a vincere e l’attuale crisi costituisce in realtà un grande vantaggio per un popolo come quello asiatico che da sempre ha fatto della frugalità un modo di vivere anche tra i suoi ceti sociali più abbienti.
Come metafora della sua teoria Rampini utilizza proprio il risciò, salito recentissimamente alla ribalta anche delle nostre locali cronache fiorentine. Da qualche anno anche New York sembra aver adottato questo veicolo come mezzo di trasporto ed è innegabile che esso sia innanzitutto il prodotto di un mercato del lavoro stremato dalla recessione. In Asia queste carrozzine, trainate da un uomo a piedi o che pedala su una bicicletta, sono un elemento fisso del paesaggio urbano da oltre due secoli. Eppure oggi questo mezzo di trasporto può rappresentare una valida risposta non solo alla crisi economica ma anche all’inquinamento ambientale che assedia le nostre città: “Nella giungla d’asfalto, - scrive Rampini – il risciò supera le auto, s’infila in mezzo alle corsie, prende le scorciatoie. Emissioni di CO2: zero. Inquinamento acustico: zero, … E’ un esempio fra tanti di “consumo frugale” che ci viene dall’Asia.”Ma il libro cita tanti altri esempi di confronto che non coinvolgono solo il rapporto USA-Cina ma valgono perfettamente anche per noi europei. Ne cito solo alcuni:
- Le saponette; quando stiamo per terminarle, noi in genere le gettiamo via: le donne cinesi invece le mettono da parte e poi quando ne hanno raccolto un numero sufficiente ci fabbricano un nuovo sapone impastandole tra loro.
- Lavaggio dei piatti; in pochi tra i cinesi, usano la lavastoviglie; la considerano uno strumento troppo dispendioso; in tanti ricorrono per il detersivo alla soda Solvay che costa assai meno.
- Fare la doccia; l’acqua sporca della doccia non viene gettata via nello scarico. La si raccoglie in una tinozza e poi la si utilizza per lavare i pavimenti di casa.
- Acqua di cottura del riso ( per noi della pasta); la usano, una volta raffreddata, per innaffiare le piante.
- Lo yogurt scaduto; non viene gettato via. Lo usano come lievito per fare la pasta, (pare che abbia le stesse qualità del nostro lievito di birra).
- G.A.S. per acquisto elettrodomestici; da noi in genere i Gruppi solidali d’acquisto sorgono per gli acquisti dei generi alimentari. In Cina sono più avanti anche in questo. Da loro, quando in casa si decide di cambiare un elettrodomestico si fa il giro tra amici e parenti per trovare altre persone interessate allo stesso genere di acquisto. Dopodichè si va tutti assieme al centro commerciale dove si riesce a strappare un prezzo migliore grazie al potere d’acquisto collettivo.
A causa della crisi, da qualche tempo, esempi analoghi di frugalità si possono iniziare a trovare anche in California ed in città come San Francisco dove inizia a passare l'idea che il modello di vita ideale sia quello di ritirarsi in campagna ad allevare animali e coltivare frutta e verdura.
Certo, il segreto del successo dell’economia cinese non è solo legato a questo aspetto.
Ho trovato particolarmente interessante l’analisi che Rampini fa di quello che lui definisce “capitalismo egoista” che crea un effetto ansiogeno e psicologicamente distruttivo per l’enfasi che pone sulla produttività e il conseguente stress da competizione.
Nella società del Grande Fratello molti di noi hanno come unico obiettivo il divenire ricchi e famosi. Perché solo il traguardo della notorietà e della ricchezza equivale all’essere vincenti. Purtroppo tutto questo lo sperimento anche io quotidianamente. In una scuola di Firenze, al termine della proiezione del docu-film “Non buttarti via” sul tema della riduzione della produzione dei rifiuti domestici, e nel quale anche io appaio per qualche secondo in una scena, uno studente che mi aveva riconosciuto nel filmato mi ha avvicinato dicendomi: “Beato lei! Intanto almeno è riuscito a fare la comparsa in un film!”
Ecco, secondo Rampini - e io condivido pienamente la sua tesi - alle radici della nostra crisi economica e ambientale, c’è anche una profonda crisi dei valori e da questa non è certo esente da responsabilità proprio il nostro modello di sviluppo economico ancora troppo spesso autoreferenziale, quasi esente da spirito di autocritica e privo di quell’umiltà indispensabile alla crescita.
Naturalmente come si dice, “non è tutto oro quello che luccica”. La Cina è anche un paese dove si applica un pesante sfruttamento della manodopera, dove esistono censura e repressione e dove vengono perpetrati gravissimi danni ambientali. Da quello arcinoto della Diga delle Tre Gole al più recente ed attuale sciagurato progetto che prevede la costruzione di ben 13 dighe lungo il percorso del Fiume d’oro nella regione dello Yunnan, uno degli ultimi paradisi del nostro pianeta, che causerà la migrazione forzata di centinaia di migliaia di abitanti a causa dell’allagamento di intere vallate, e contro il quale si sono già mosse da tempo tutte le principali organizzazioni ambientaliste. Ma la Cina, facendosi forte della propria posizione nei confronti del resto del mondo, per adesso andrà avanti per la propria strada, ci piaccia o no, anche perché essa è ufficialmente ancora un paese in via di sviluppo. I dati la confortano: in Cina, ad esempio, oggi ci sono solo 12 automobili ogni mille abitanti a fronte delle 480 degli Stati Uniti. Quando Cina e India sostengono che l’Occidente ha prima saccheggiato selvaggiamente le risorse naturali del pianeta per poi mettersi a predicare l’ambientalismo e l’austerità ai paesi più poveri, hanno ragione. Ma non c’è dubbio che l’impatto cinese sul consumo delle risorse rischia di essere devastante se non riusciremo a convincerli che è necessario, nell’interesse di tutti, che anche loro cambino modello di sviluppo.
Per farlo, conclude Rampini, è indispensabile superare quelle barriere di pregiudizio che da sempre ci separano dai cinesi e dal loro mondo, sforzarsi di comprendere una filosofia di pensiero spesso distante dalla nostra eppure in taluni casi efficace.

Abbiamo atteso due secoli per apprezzare i risciò, forse è il caso, come occidentali, di darsi una mossa per comprendere meglio anche il resto.

Michele Salvadori

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domenica 22 novembre 2009

Lo scenario che aprirà la Conferenza di Copenaghen


Provo a ricapitolare la situazione che ci attende all’apertura della Conferenza di Copenaghen nel prossimo mese di dicembre.
Nel 1997 nasce il trattato internazionale noto come “Protocollo di Kyoto” sul riscaldamento globale. L’obiettivo che questo trattato si pone è quello di ridurre a livello mondiale la produzione di gas serra del 5% nel periodo 2008-2012.
Nel 2002 i Paesi dell’Unione Europea si impegnano a ridurre la loro produzione di gas serra dell’8% entro il 2012.
Nel 2005 entra in vigore il Protocollo di Kyoto, frattanto ratificato anche dalla Russia.
Nel 2007 gli USA annunciano che non sottoscriveranno l’impegno di Kyoto.
In uno studio dal titolo “Clima: è vera emergenza” (Brioschi Editore) l’economista Nicholas Stern, della London School of Economics, già capo economista della Banca Mondiale, afferma che l’impatto del carbonio sull’atmosfera sembra peggiore di quello stimato fino a solo due o tre anni fa. Oggi le probabilità che le temperature medie della Terra aumentino di 5 gradi entro il 2050 sono del 50%. L’ultima volta che la Terra è stata così calda fu nell’Eocene. Se questo dovesse verificarsi sarebbero pressoché inevitabili la distruzione di una grossa fetta della superficie arabile del mondo e il conseguente inizio di migrazioni da parte di centinaia di milioni di persone.
A parere dello scienziato inglese l’incontro di Copenaghen di dicembre può trasformarsi nell’incontro internazionale più importante dalla fine della seconda guerra mondiale.
I Paesi sviluppati, dove vive circa un abitante della Terra ogni sei (sarà uno su dieci nel 2050) da soli rappresentano attualmente il 70% delle emissioni accumulate dal 1950 ad oggi. In futuro però la maggior parte delle emissioni verrà dai cosiddetti Paesi in via di sviluppo che tuttavia obiettano che i responsabili fino ad oggi dell’effetto serra sono i Paesi industrializzati e pertanto è giusto che siano questi a doverne sostenere i costi in base al vecchio principio del “chi inquina paga” ed aggiungono che avendo bisogno di uscire dalla soglia di povertà al momento per loro è impossibile rinunciare a bruciare combustibili fossili o a tagliare le foreste salvo ottenere aiuti economici da parte proprio dei Paesi più industrializzati.
Attualmente i due Paesi responsabili della maggior produzione di emissioni di CO2 sono Cina e Stati Uniti ( da soli ne producono quasi la metà delle complessive), e molto dipenderà dunque anche dalle strategie che questi ultimi adotteranno e che però, in un periodo di recessione come quello che stiamo affrontando non nascondono le loro grosse perplessità in merito a possibili riduzioni delle emissioni di CO2.
In particolare gli USA temono che adeguandosi alle scelte degli altri paesi industrializzati alla fine possano offrire grossi vantaggi economici a India e Cina.
Intanto l’Unione Europea, che si era già data i seguenti obiettivi entro il 2020:
- 20% di Energia Rinnovabile
- 30% di riduzione delle emissioni di gas serra ( se gli USA faranno lo stesso altrimenti si fermeranno al 20%)
- 20% l’aumento dell’efficienza energetica
nello scorso mese di ottobre ha raggiunto un nuovo accordo che prevede entro il 2050 un’ulteriore riduzione delle proprie emissioni pari al 80-95% rispetto a quelle prodotte nel 1990.
In questo contesto l’Italia, avendo esaurito il tetto assegnatole dal Protocollo di Kyoto, per aprire nuovi impianti energetici dovrebbe pagare un miliardo di euro. “Questi soldi - ha osservato il nostro Ministro per l’Ambiente Prestigiacomo - paradossalmente andrebbero a Paesi come la Polonia che sono meno virtuosi di noi”.
Insomma, lo scenario che aprirà l’incontro di Copenaghen, appare estremamente complesso.
Il problema principale è che l’atmosfera terrestre non consente di seguire i tempi e le abituali regole del compromesso politico ed un ulteriore rinvio di certe scelte potrebbe risultare davvero pericoloso.
Già oggi un innalzamento di un solo grado della temperatura ed il conseguente ulteriore scioglimento delle calotte polari causerebbe un gravissimo danno per le terre coltivabili del Bangladesh e negli altri Paesi situati al livello del mare.

Michele Salvadori

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