sabato 28 novembre 2009

La Slow Economy e il "Sinocentrismo" di F. Rampini


Il nuovo libro di Federico Rampini, dal titolo “Slow Economy – Rinascere con saggezza” ( Ediz. Mondadori, Euro 17,00) propone la tesi secondo cui il mondo si sta avviando in direzione di un modello economico “sinocentrico”. Sarà la Cina il futuro Paese leader dell’economia mondiale? Probabilmente.
Rampini, da profondo conoscitore sia del mondo asiatico, ( è autore tra l’altro di un altro bel libro “L’impero di Cindia” con il quale 2 anni fa aveva analizzato le ragioni della grande crescita economica che si stava sviluppando in Asia, in paesi come la Cina e l’India), che di quello statunitense, raffronta questi 2 mondi apparentemente così diversi e lontani e che ora per una disparità di ragioni sono costretti a convivere a stretto contatto e a confrontarsi tra loro, prefigurando una sorta di passaggio di consegne tra i due con l’Europa relegata in un ruolo marginale.
Nello scontro tra questi due mondi la Cina, secondo Rampini, è destinata a vincere e l’attuale crisi costituisce in realtà un grande vantaggio per un popolo come quello asiatico che da sempre ha fatto della frugalità un modo di vivere anche tra i suoi ceti sociali più abbienti.
Come metafora della sua teoria Rampini utilizza proprio il risciò, salito recentissimamente alla ribalta anche delle nostre locali cronache fiorentine. Da qualche anno anche New York sembra aver adottato questo veicolo come mezzo di trasporto ed è innegabile che esso sia innanzitutto il prodotto di un mercato del lavoro stremato dalla recessione. In Asia queste carrozzine, trainate da un uomo a piedi o che pedala su una bicicletta, sono un elemento fisso del paesaggio urbano da oltre due secoli. Eppure oggi questo mezzo di trasporto può rappresentare una valida risposta non solo alla crisi economica ma anche all’inquinamento ambientale che assedia le nostre città: “Nella giungla d’asfalto, - scrive Rampini – il risciò supera le auto, s’infila in mezzo alle corsie, prende le scorciatoie. Emissioni di CO2: zero. Inquinamento acustico: zero, … E’ un esempio fra tanti di “consumo frugale” che ci viene dall’Asia.”Ma il libro cita tanti altri esempi di confronto che non coinvolgono solo il rapporto USA-Cina ma valgono perfettamente anche per noi europei. Ne cito solo alcuni:
- Le saponette; quando stiamo per terminarle, noi in genere le gettiamo via: le donne cinesi invece le mettono da parte e poi quando ne hanno raccolto un numero sufficiente ci fabbricano un nuovo sapone impastandole tra loro.
- Lavaggio dei piatti; in pochi tra i cinesi, usano la lavastoviglie; la considerano uno strumento troppo dispendioso; in tanti ricorrono per il detersivo alla soda Solvay che costa assai meno.
- Fare la doccia; l’acqua sporca della doccia non viene gettata via nello scarico. La si raccoglie in una tinozza e poi la si utilizza per lavare i pavimenti di casa.
- Acqua di cottura del riso ( per noi della pasta); la usano, una volta raffreddata, per innaffiare le piante.
- Lo yogurt scaduto; non viene gettato via. Lo usano come lievito per fare la pasta, (pare che abbia le stesse qualità del nostro lievito di birra).
- G.A.S. per acquisto elettrodomestici; da noi in genere i Gruppi solidali d’acquisto sorgono per gli acquisti dei generi alimentari. In Cina sono più avanti anche in questo. Da loro, quando in casa si decide di cambiare un elettrodomestico si fa il giro tra amici e parenti per trovare altre persone interessate allo stesso genere di acquisto. Dopodichè si va tutti assieme al centro commerciale dove si riesce a strappare un prezzo migliore grazie al potere d’acquisto collettivo.
A causa della crisi, da qualche tempo, esempi analoghi di frugalità si possono iniziare a trovare anche in California ed in città come San Francisco dove inizia a passare l'idea che il modello di vita ideale sia quello di ritirarsi in campagna ad allevare animali e coltivare frutta e verdura.
Certo, il segreto del successo dell’economia cinese non è solo legato a questo aspetto.
Ho trovato particolarmente interessante l’analisi che Rampini fa di quello che lui definisce “capitalismo egoista” che crea un effetto ansiogeno e psicologicamente distruttivo per l’enfasi che pone sulla produttività e il conseguente stress da competizione.
Nella società del Grande Fratello molti di noi hanno come unico obiettivo il divenire ricchi e famosi. Perché solo il traguardo della notorietà e della ricchezza equivale all’essere vincenti. Purtroppo tutto questo lo sperimento anche io quotidianamente. In una scuola di Firenze, al termine della proiezione del docu-film “Non buttarti via” sul tema della riduzione della produzione dei rifiuti domestici, e nel quale anche io appaio per qualche secondo in una scena, uno studente che mi aveva riconosciuto nel filmato mi ha avvicinato dicendomi: “Beato lei! Intanto almeno è riuscito a fare la comparsa in un film!”
Ecco, secondo Rampini - e io condivido pienamente la sua tesi - alle radici della nostra crisi economica e ambientale, c’è anche una profonda crisi dei valori e da questa non è certo esente da responsabilità proprio il nostro modello di sviluppo economico ancora troppo spesso autoreferenziale, quasi esente da spirito di autocritica e privo di quell’umiltà indispensabile alla crescita.
Naturalmente come si dice, “non è tutto oro quello che luccica”. La Cina è anche un paese dove si applica un pesante sfruttamento della manodopera, dove esistono censura e repressione e dove vengono perpetrati gravissimi danni ambientali. Da quello arcinoto della Diga delle Tre Gole al più recente ed attuale sciagurato progetto che prevede la costruzione di ben 13 dighe lungo il percorso del Fiume d’oro nella regione dello Yunnan, uno degli ultimi paradisi del nostro pianeta, che causerà la migrazione forzata di centinaia di migliaia di abitanti a causa dell’allagamento di intere vallate, e contro il quale si sono già mosse da tempo tutte le principali organizzazioni ambientaliste. Ma la Cina, facendosi forte della propria posizione nei confronti del resto del mondo, per adesso andrà avanti per la propria strada, ci piaccia o no, anche perché essa è ufficialmente ancora un paese in via di sviluppo. I dati la confortano: in Cina, ad esempio, oggi ci sono solo 12 automobili ogni mille abitanti a fronte delle 480 degli Stati Uniti. Quando Cina e India sostengono che l’Occidente ha prima saccheggiato selvaggiamente le risorse naturali del pianeta per poi mettersi a predicare l’ambientalismo e l’austerità ai paesi più poveri, hanno ragione. Ma non c’è dubbio che l’impatto cinese sul consumo delle risorse rischia di essere devastante se non riusciremo a convincerli che è necessario, nell’interesse di tutti, che anche loro cambino modello di sviluppo.
Per farlo, conclude Rampini, è indispensabile superare quelle barriere di pregiudizio che da sempre ci separano dai cinesi e dal loro mondo, sforzarsi di comprendere una filosofia di pensiero spesso distante dalla nostra eppure in taluni casi efficace.

Abbiamo atteso due secoli per apprezzare i risciò, forse è il caso, come occidentali, di darsi una mossa per comprendere meglio anche il resto.

Michele Salvadori

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