lunedì 28 dicembre 2009

"Guida ai Green Jobs" di T.Gelisio e M. Gisotti


Da un paio di mesi è uscito nelle librerie un ottimo testo di Tessa Gelisio e Marco Gisotti dal titolo “Guida ai Green Jobs” (Edizioni Ambiente, €. 16,00) che tenta di spiegarci cosa e quali siano gli ecolavori offrendo spunti e suggerimenti utili sia per chi intende (o è costretto) cambiare attività lavorativa che per i giovani che si avvicinano per la prima volta al mondo del lavoro.
Il sottotitolo del libro recita: Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro.
E’ davvero possibile che dopo anni e anni in cui l’ambiente è rimasto un tema relegato ai salotti degli ambientalisti, esso finalmente stia divenendo di dominio pubblico?
Probabilmente no, tuttavia se in un particolare momento come quello che stiamo attraversando si aprono delle strade che riescono a ridurre i nostri consumi contraendone i costi e al contempo offrendo nuovi sbocchi lavorativi ecco che occuparsi di tutela dell’ambiente diventa straordinariamente interessante per molti.
Secondo il Rapporto “Green Jobs” delle Nazioni Unite, attualmente nel mondo, e solo nel settore delle energie rinnovabili, sono 2,3 milioni le persone impiegate, di cui 300.000 nell’eolico, 170.000 nel solare fotovoltaico, oltre 600.000 nel solare termico e le rimanenti nei biocombustibili.
Cambiamenti climatici in corso e crisi economica hanno creato un mix la cui prima via d’uscita sembra essere davvero la strada verso gli ecolavori e questo non solo nei paesi industrializzati.
Un altro dato a favore è quello che vede inconfutabilmente i professionisti di quasi tutti i settori economici coinvolti dalla economia verde.
Infine, ammettiamolo, il livello di consapevolezza ambientale nella maggioranza delle persone è talmente scarso che la situazione non può che offrire enormi vie di sviluppo.
Eppure i professionisti del marketing ci dimostrano quotidianamente come nessun prodotto “tiri” più di quelli contraddistinti da un marchio “verde” che ne sancisca l’assoluta rispettabilità ambientale, i media si sono innamorati dei temi ambientali come mai prima d’ora e il pubblico sta facendo una vera e propria full immersion di ecologia applicata …
Ma torniamo al libro, a mio parere interessantissimo, e che tra le altre contiene anche un'introduzione del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Intanto, a differenza di quello di Al Gore, e nonostante le sue 400 pagine, questo testo è pubblicato in una veste estremamente pratica e ve lo potrete portare ovunque viste le sue dimensioni contenute.
Esso è diviso in due sezioni: nella prima vengono analizzati ben 21 tra settori industriali e sociali sia a livello nazionale che internazionale con approfondimenti utilissimi a farsi un quadro piuttosto completo e utilizzabile come compendio sullo stato attuale della green economy.
Tra i settori si passa dall’analisi sulle energie rinnovabili, alla mobilità sostenibile, all’ industria agroalimentare, all’ecofinanza, alla gestione dei rifiuti, al giornalismo ed editoria ambientale, alla ricerca e controllo ambientale, alla green policy, solo per citarne alcuni.
Ciascuna analisi di settore è preceduta da un’intervista ad un esperto di quel settore che ne analizza lo stato attuale e le prospettive future.
Tra i vari settori, bontà loro, è inserito anche un capitolo sulle Associazioni Ambientaliste, inquadrate però e per fortuna, (avrei dovuto smentire subito gli autori del libro!), non come possibile punto di approdo lavorativo, bensì come terreno utile ad acquisire esperienza, mentalità ed adeguato bagaglio tecnico, almeno per alcune discipline.
Nella seconda parte del libro, che pare essere tra l’altro il primo del genere pubblicato in Italia, vengono invece descritte in dettaglio le 100 professioni verdi più importanti, indicandone le competenze necessarie, i percorsi formativi e le reali potenzialità sul mercato del lavoro.
Tra queste professioni ne troverete alcune a dir poco curiose e divertenti, cito l’eco-parrucchiere e l’eco-chef, ma vorrei soffermarmi invece su alcune figure tecniche che a mio parere sono quelle con maggiori potenzialità di crescita.
Il certificatore energetico: dal 2005 in Italia è obbligatoria l’attestazione di certificazione energetica (Ace) per l’atto di vendita di qualunque edificio. Tale atto può essere rilasciato esclusivamente da una persona in possesso di tale qualifica. Le Regioni si stanno attrezzando per istituire appositi organismi di accreditamento di queste nuove figure professionali.
Solo in Lombardia oggi sono accreditati oltre 9.500 certificatori. La qualifica la si ottiene frequentando appositi corsi di formazione per seguire i quali non è obbligatorio il possesso di una laurea.
Il chimico verde: da diversi anni in Italia si registra un calo di iscrizioni nei settori scientifici come matematica, statistica, chimica e fisica. Ad un giovane che deve ancora scegliere la Facoltà universitaria mi sento di suggerire proprio una di queste discipline perché tra le più richieste dal mondo dell’industria. In particolare quella del chimico, in quanto le competenze di tale figura oggi sono trasversali a moltissime discipline: dal solare, alle bonifiche ambientali, al riciclo dei rifiuti.
Il landfill mining: questo difficile termine sta a significare lo scavo delle discariche per ricavarne materie prime. Forse potrà sembrare un po’ paradossale ma questa potrebbe trasformarsi nel giro di alcuni anni in una delle attività più redditizie al mondo. Le discariche, oggi un problema, in un futuro prossimo, quando la reperibilità delle materie prime diverrà sempre più difficoltosa, potrebbero diventare delle vere e proprie miniere. Senza dubbio già oggi l’attività di riciclo dei materiali crea maggiore occupazione che non il conferimento in discarica o l’incenerimento.
Il risolutore di conflitti ambientali: si tratta senza dubbio di una figura professionale minore, ma la cito con orgoglio visto il rilievo che ne dà questo libro e, soprattutto, perché gli Amici della Terra ne hanno promosso ben 3 corsi formativi a partire dal 2006. L’esperto nella risoluzione dei conflitti ambientali opera nell’ambito della realizzazione di grandi progetti infrastrutturali oppure di bonifiche che coinvolgono un’ estesa parte di territorio e ne gestisce l’opinione pubblica, l’ascolta, parla con i gruppi sociali che di volta in volta entrano in contatto con le aree destinate al progetto. Tale ruolo riconduce anche ad un altro egualmente importante, quello del comunicatore ambientale che sappia poi valorizzare presso le comunità le azioni positive intraprese e realizzate dalle amministrazioni pubbliche.

Senza dubbio allo sviluppo dei green jobs contribuiranno anche alcuni fattori esterni come il nuovo corso USA e quello della Cina e della sua crescente capacità di influenzare i mercati. Non escluderei neppure la recente direttiva europea 20-20-20 che prevede un massiccio ricorso alle rinnovabili entro il 2020. Piaccia o no la green economy indurrà notevoli cambiamenti anche nella nostra economia. Citando sempre i dati di questo libro, oggi si calcola che in Italia siano poco meno di un milione i lavoratori già impiegati nel settore dell’economia verde.
Si prevede divengano 1.500.000 nell’arco di pochi anni.
Siamo alla fine di un anno difficile, quale migliore augurio allora per il 2010 di quello d’intravedere un futuro promettente …

Michele Salvadori


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domenica 20 dicembre 2009

Copenaghen, un fallimento o una speranza?


Dopo due settimane di colloquio si è chiusa ieri la Conferenza sul Clima di Copenaghen.
Con quali risultati? Cerchiamo di analizzarli prima di trarre le dovute conclusioni.
Il documento di chiusura chiamato “Copenhagen Accord” è composto da 3 scarne paginette nelle quali si afferma quanto segue:
• Il Protocollo di Kyoto resta in vigore fino alla sua naturale scadenza nel 2012 per i Paesi che lo avevano sottoscritto ( tra questi non ci sono gli USA);
• Viene sancita un’intesa per mantenere la crescita della temperatura del Pianeta entro i 2 gradi Celsius.
• Le emissioni di CO2 dovranno diminuire e, entro il prossimo mese di gennaio 2010, ognuno dei 193 Paesi partecipanti alla conferenza comunicherà gli obiettivi che intende assumersi in tal senso. L’Unione Europea conferma, per adesso, l’obiettivo che si era già data di diminuire le sue emissioni del 20% entro il 2020. Gli USA promettono di ridurre le loro emissioni del 17% rispetto a quelle del 2005, (ma dovrà essere il Congresso USA a ratificare la decisione finale).
• I Paesi in via di sviluppo, (i più insoddisfatti dagli esiti di Copenaghen), ogni due anni dovranno comunicare i risultati delle loro misurazioni.
• I Paesi ricchi daranno a quelli poveri 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 e poi 100 miliardi di dollari all’anno dal 2020.
• Saranno introdotti degli incentivi contro la deforestazione.
• I prossimi appuntamenti fissati sono tra sei mesi a Bonn, e tra un anno a Città del Messico.
Tale accordo è riconosciuto ma non avrà valore vincolante per nessuno dei Paesi partecipanti.
Si è subito scatenato un acceso dibattito tra i delusi da questo meeting e quelli che invece si dicono comunque abbastanza soddisfatti. I delusi parlano addirittura di “Flopenaghen” per descrivere la loro sensazione di totale fallimento della conferenza, tra questi molti rappresentanti delle ONG ambientaliste.
Non tutti la pensano però allo stesso modo.
Vediamo di capire che cosa possiamo allora salvare dall’incontro di Copenaghen e cosa no.
E’ indubbio che viste le grandi attese createsi attorno a questo incontro i risultati non possono non deludere. Tuttavia qualcosa da salvare a mio avviso c’è. Intanto la quasi totalità dei Paesi del Mondo si è riunita dando credito alla tesi che il surriscaldamento globale esiste, l’uomo ne è la causa principale e si deve trovare una soluzione al problema. Siamo riusciti a coinvolgere nel progetto gli USA che invece si erano dichiarati fuori dal Protocollo di Kyoto. In sostanza l’accordo rappresenta una promessa di stipularne uno più concreto tra un anno a Città del Messico. E’ però indubbio che l’obiettivo di riduzione ed i tagli alle emissioni previsti sinora siano davvero troppo esigui.
Va rilevato tuttavia il ritorno ad una sorta di ruolo-guida da parte degli Stati Uniti, che pur in fase di declino economico, sono riusciti a coinvolgere nella loro proposta finale l’India, la Cina, il Brasile e il Sudafrica, ovvero alcuni tra i principali paesi economicamente emergenti che probabilmente hanno preferito aderire subito ad impegni minimi piuttosto che tra un anno ad un accordo strettamente vincolante. In tutto questo processo il ruolo dell’Unione Europea, che sembra oggi essere in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici, è rimasto purtroppo marginale, così come quello della Russia che ricordo è il quinto Paese al mondo per emissioni prodotte e che, essendo anche tra i principali produttori di gas e petrolio, ha scarso interesse a partecipare a tale accordo.
Tra un anno riusciremo sul serio ad arrivare a qualcosa di più concreto? Non so rispondere.
Probabile che potremo avere le prime risposte a questa domanda basandoci sui nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni che ogni Paese comunicherà entro la fine di gennaio.
Allora, forse, inizieremo a capire qualcosa in merito.

Michele Salvadori

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lunedì 7 dicembre 2009

"La scelta" di Al Gore


Ammettiamolo, gran parte del mondo ambientalista ha sempre guardato con un certo scetticismo all’operato di Al Gore. Eppure, quello che dopo le elezioni presidenziali americane del 2000 appariva come un perdente, ha saputo - cambiando radicalmente strada e dedicandosi interamente alla causa della difesa dell’ambiente - trasformarsi in un uomo di successo fino addirittura a ricevere nel 2007 il Premio Nobel per la Pace.
Personalmente considero come suo principale traguardo la realizzazione del Live Earth, evento mediatico in difesa del clima che è riuscito a coinvolgere milioni di persone in tutto il mondo il 7 luglio del 2007, ancor più del documentario dal titolo “Una scomoda verità”. Tra l’altro Live Earth sarà replicato nell’aprile dell’anno prossimo.
La realtà è che quest’uomo si è saputo reinventare da politico a grande comunicatore a vantaggio della causa ambientale ed in particolare al tema del surriscaldamento globale, al centro della Conferenza sul Clima che proprio oggi prende avvio a Copenaghen riuscendo proprio laddove molte organizzazioni ambientaliste stanno fallendo: egli riesce a trasmettere un messaggio chiaro a tutti. Gore non si rivolge principalmente agli scienziati ma alla gente comune, sforzandosi di spiegare loro con semplicità dove stiamo sbagliando e cosa dobbiamo fare per correggere i nostri errori, consapevole che solo creando una coscienza collettiva sensibile a queste tematiche sarà possibile affrontare e risolvere la crisi ambientale che ci ha colpito.Il libro dal titolo “La scelta”, (Edizioni Rizzoli), da pochi giorni uscito in Italia, conferma, a mio parere, le qualità di grande divulgatore di Al Gore.
Uno degli obiettivi del libro è quello di convincere l’opinione pubblica che la crisi climatica non è un’invenzione degli ambientalisti come purtroppo – secondo Gore - stanno cercando da tempo di fare alcune delle principali compagnie petrolifere del pianeta elargendo sostanziosi contributi economici a chiunque s’inventi uno studio che dimostri l’estraneità delle attività dell’uomo al surriscaldamento globale.
Con l’ausilio di fantastiche schede tecniche il libro riesce a spiegare anche ad un pubblico di non esperti quali siano le principali tecnologie già in possesso dell’uomo che possono, se adottate in tempo, riuscire ad abbattere in maniera consistente la produzione dei gas serra e risolvere la nostra grande sete di energia. Non solo, Al Gore, con straordinaria semplicità ed efficacia riesce a trasmettere il messaggio di come sia possibile risolvere al contempo crisi economica e crisi ambientale, attraverso l’applicazione di queste nuove tecnologie.
“La scelta” è realmente accessibile a chiunque ed in special modo a chi di certe tematiche non ha conoscenza diretta: attraverso una ventina di capitoli monotematici chiunque può facilmente comprendere quali siano le principali cause dell’incremento dell’effetto serra sul pianeta e le ragioni politiche che hanno ritardato o comunque reso difficoltoso il raggiungimento di un accordo tra i paesi della Terra per la risoluzione del problema.
Scorrendo le pagine di questo che considero davvero un bel libro, potrete ad esempio scoprire quali siano le differenze tra l’uso dell’energia termica solare concentrata (CST) e quella fotovoltaica (PV), come sfruttare il vento e come funzioni una turbina eolica, come funzionino i nuovi sistemi geotermici (EGS) e quale potenziale ancora non sfruttato essi possano garantire in futuro, perché alcune tipologie di biocarburanti possano essere prese in seria considerazione a differenza di altre, ( no all’uso del mais e si a quello della canna da zucchero), come l’idea della cattura e sequestro del carbonio possa rappresentare in futuro una possibilità concreta di ridurre le emissioni, perché invece l’opzione del nucleare sia da accantonare, quali vantaggi possano apportare alla causa climatica la proliferazione dei sistemi di agricoltura biologica, e quanta parte possa infine avere la battaglia a favore di una sempre maggiore efficienza energetica.
Ma il libro di Al Gore offre anche dell’altro, dedicandosi, nella sua ultima parte all’avanzamento di serie e concrete proposte politiche, forse non sempre condivisibili, ma che comunque rappresentano la decisa volontà di individuare delle soluzioni al problema.
La veste grafica del libro è splendida. Sulle circa 400 pagine che lo compongono, oltre la metà è rappresentata da spettacolari e talora drammatiche foto, ognuna delle quali personalmente scelta dall’autore ed ognuna delle quali dal forte contenuto mediatico.
Gli unici difetti che ho trovato a questa pubblicazione sono innanzitutto il prezzo ( 35,00 euro), le dimensioni ed il peso (quasi 1,5 kg!) francamente eccessivi, che se la fanno somigliare più a un catalogo di una mostra d’arte che ad un testo divulgativo, di fatto ne rendono un po’ difficoltosa la lettura. Insomma, non è esattamente il genere di libro che uno si può portare dietro e leggere in treno, in autobus o mentre è in coda alla posta!
A parte questo, credo però che chiunque abbia un ruolo di qualche responsabilità nel campo della tutela dell’ambiente dovrebbe provare non solo a leggere ma a studiare questo testo.
Non sarà tempo perduto quello che impiegherà.
Tutti i proventi della vendita de “La scelta” saranno interamente devoluti a “Alleanza per la protezione del clima” un’organizzazione no profit fondata dallo stesso Al Gore nel 2006 allo scopo di cambiare l’atteggiamento della gente verso la crisi climatica, ed il cui sito ufficiale è consultabile all’indirizzo http://www.climateproject.org

Presto, in un settembre sottile,
un continente galleggiante sparisce
nel sole di mezzanotte.

I fiumi risalgono mentre
la febbre si posa su un mare acido
le ossa di Nettuno si dissolvono.

La neve scivola giù dalla montagna
il ghiaccio genera inondazioni per una stagione
arriva veloce una pioggia insistente.

(.......)
Il pastore grida
l’ora della scelta è arrivata
ecco i tuoi strumenti.

(Al Gore, Nashville, Tennessee, 2009)


Michele Salvadori


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