martedì 20 gennaio 2015

"Sottomissione" di M. Houellebecq

“Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita e questo comporta notevoli rischi”.
E’ così che ho conosciuto qualche anno fa Michel Houellebeck, attraverso la lettura di uno dei suoi romanzi più celebri, “Piattaforma al centro del mondo”.

Considero Houellebecq uno dei migliori narratori contemporanei per la sua duplice capacità di trasportare il lettore in un mondo parrallelo ed assolutamente realistico, riuscendo al contempo a farlo riflettere proprio sulla realtà da cui cerca di allontanarsi: evadere riflettendo, distrarsi approfondendo, fuggire per tornare più attenti e consapevoli alla vita reale. Questi i doni ed i meriti della narrativa di Houellebecq e queste le ragioni per cui, lo confesso, adoro questo scrittore francese.
I recenti e tragici eventi di Parigi hanno contribuito ad accrescere notevolmente la notorietà di questo scrittore francese che con ogni probabilità sarebbe altrimenti rimasto conosciuto solo ai grandi appassionati di narrativa che, com’è noto, in Italia e non solo in Italia, vanno ormai progressivamente calando di numero ogni anno.

Nel suo nuovo romanzo “Sottomissione”, uscito in Francia proprio nei giorni dell’attentato alla rivista di satira “Charlie Hebdo” ed in Italia la scorsa settimana pubblicato dalla casa editrice Bompiani (€. 17,50, pg. 252), Houellebecq preconizza l’ascesa di una nuova forza politica, la Fratellanza Musulmana, che in un futuro assai prossimo, il 2022, riesce a vincere le elezioni presidenziali francesi, (ma di lì a poco accadrà la medesima cosa anche nel vicino Belgio), causando di fatto uno vero e proprio stravolgimento dei principali usi e costumi della società dei nostri “cugini” d’oltralpe.

Le fasi di questa drastica mutazione della società francese sono descritte in maniera attenta, graduale e dettagliata, ma soprattutto tali da risultare assolutamente credibili e realistiche: l’avanzata politica, in termini di consenso popolare, del Fronte Nazionale guidato da Marine Le Pen ed il timore di una vittoria, e della conseguente elezione di un presidente appartenente all’estrema destra francese, inducono la sinistra moderata a cercare un accordo proprio con quello che nel frattempo è divenuto il secondo partito in Francia, quello musulmano (giunto ormai alla soglia del 20% dei consensi). Il candidato musulmano alla presidenza della Repubblica, Ben Abbas, accetta l’alleanza con la sinistra moderata in cambio però della certezza di poter occupare, in caso di vittoria, alcuni ruoli strategici del futuro organigramma di governo del Paese; tra questi, innanzitutto, la guida del Ministero dell’Istruzione, pretendendo che si adottino delle radicali trasformazioni nel campo dell’educazione dei giovani. In caso di vittoria della coalizione musulmano-socialista tutte le Università pubbliche saranno “islamizzate”. A cominciare dalla più celebre università francese, la Sorbona, dove solo docenti di comprovata fede musulmana, da quel momento in poi potranno continuare ad insegnarvi. Gli altri, o si convertiranno all’ Islam oppure potranno continuare ad insegnare solo in Università private.

E’ quanto puntualmente si verifica: Il popolo francese, e di lì a qualche mese anche quello belga, di fronte alla scelta tra un governo di estrema destra ed uno moderato sia pure di matrice islamica, sceglie la seconda via.
La vicenda viene descritta ed ha per protagonista Francois, un professore universitario della Sorbona, dai gusti ed abitudini tutt’altro che morigerate. Quarantenne, scapolo, amante delle giovani studentesse ventenni che frequentano i suoi corsi di letteratura, puntualmente, il nostro professore cambia compagna all’inizio di ogni nuovo anno accademico, infatuandosi perdutamente della prima minigonna che incrocia nelle aule universitarie. Egli conduce uno stile di vita sregolato e, ateo e libertino convinto, è terrorizzato dall’idea stessa di creare attorno a sé una qualunque stabilità affettiva, una famiglia propria, dei figli.

Dopo la vittoria alle presidenziali del fronte moderato, il professore viene di fatto sospeso dal suo incarico e decide di abbandonare Parigi per alcuni mesi per un lungo viaggio per la Francia. Al suo rientro scoprirà di essere stato pensionato anticipatamente ma soprattutto troverà una città profondamente cambiata. Il professore nota con orrore che è stato del tutto abbandonato, ad esempio, l’uso di abiti che scoprano eccessivamente il corpo femminile. Le donne che si muovono per la città hanno adottato indistintamente i pantaloni ed ormai tendono a muoversi quasi tutte solo con il volto coperto. Ma sono soprattutto i cambiamenti dei ruoli uomo/donna a contraddistinguere questa nuova fase storica della Francia. Il prevalere dell’ideologia islamica comporta un ridimensionamento del ruolo femminile che viene “incoraggiata” a tornare ad occuparsi esclusivamente della famiglia, consentendo di fatto una sorta di restaurazione della società patriarcale dove l’uomo, oltre ad esserne il vertice, torna ad essere l’unico che lavora. Sempre in ossequio alla dottrina islamica si diffonde nel paese la poligamia. Viene adottata la pratica da parte dell’uomo di avere almeno due-tre mogli scelte di diversa età anagrafica perché possano soddisfare le diverse esigenze del marito: una moglie in età più matura che si occupi della gestione della famiglia e della cucina dei pasti, una più giovane (addirittura non ancora maggiorenne in più casi) che invece soddisfi meglio le esigenze ed i piaceri sessuali del consorte. Viene del tutto scoraggiata la possibilità di una ascesa sociale della donna in campo lavorativo, impedendole addirittura la possibilità di frequentare gli studi universitari.
Ma ciò che più colpisce è il fatto che questo progressivo mutamento degli usi e costumi sociali si realizzi senza apparenti contrasti. Gli unici episodi di violenza descritti nel romanzo sono quelli che avvengono prima della vittoria musulmana nelle elezioni presidenziali francesi. Una volta che la Fratellanza Musulmana giunge al potere tutto sembra conseguire ed essere accettato dalla popolazione in maniera pacifica.
La “sottomissione”, che dà il titolo al romanzo, e che ne costituisce il messaggio più allarmante a mio parere, sembra non solo essere accolta senza drammi ma addirittura essere quasi auspicata.

Evito naturalmente di raccontare l’epilogo della storia ed il destino del protagonista, tuttavia gli spazi di riflessione che il romanzo apre sono davvero molteplici. C’è molto di non detto da parte dell’autore che però può essere supposto e che richiama il dibattito di questi giorni all’indomani delle drammatiche vicende parigine.

E’ noto che l’autore ha deciso di rinunciare alla promozione del libro, ma i contenuti di quest’opera ritengo siano più che sufficienti a stimolare riflessioni e domande. Prima della vicenda di “Charlie Ebdo” Houellebecq era stato paragonato ad un altro celebre scrittore, G. Orwell. Ma, a differenza di quanto Orwell immaginava nel suo “1984”, in “Sottomissione” il futuro sembra nascere come una storia già vecchia e superata dagli eventi della vita reale di questi giorni.
Gli interrogativi che il romanzo pone sono di difficile risposta ma evidenziano delle problematiche che necessitano, è evidente, delle riflessioni serie, articolate e profonde.
Nel libro di Houellebeck si lascia intendere come la conquista della Francia e poi quella del Belgio siano solo i primi passi di un progetto ben più vasto: l’obiettivo finale è quello di ricostituire una nuova entità che sia una via di mezzo tra due modelli, l’impero romano ed il califfato arabo, e che abbia naturalmente come riferimento la religione islamica.
Utopia? Le recenti dichiarazioni di alcuni esponenti dell’Isis farebbero presupporre che almeno gli intenti ci siano.

Allora, dobbiamo prepararci a diventare tutti musulmani? La libertà democratica e le forti responsabilità che ne conseguono ci hanno talmente usurato le menti che per noi è divenuto all’improvviso più rassicurante vivere sottomessi ad una volontà e ad una ideologia superiori? E soprattutto, proprio in nome della libertà e della democrazia siamo pronti, pur di evitare una nuova guerra e nuove violenze, ad assoggettarci di buon grado ad un volere intransigente?

Non sono in grado di dare risposte, tuttavia mi piace pensare che alla fine ci salveremo, o meglio, gli uomini saranno salvati e lo saranno proprio grazie alle donne.

Ravviso un punto debole nella vicenda immaginata da Houellebecq e questo punto è proprio il ruolo passivo delle donne. In “Sottomissione” sembra che il genere femminile finisca con l’adeguarsi e l’accettare passivamente questa sorta di regressione sociale a cui la religione musulmana le relegherebbe per una seconda volta nella loro storia. Considero questa ipotesi la vera illusione del romanzo.
Sappiamo bene come fenomeni di “ribellione” allo status quo millenario del ruolo femminile nella società stiano da tempo avvenendo anche nel mondo arabo e musulmano da parte delle donne. Impensabile a maggior ragione, dunque, questo tentativo di mutare drasticamente i costumi e le abitudini di una società dove da tempo il ruolo della donna è mutato, sia pure con tutti i limiti ed i distinguo che non debbono essere sottaciuti.

Sarà dunque il genere femminile ad innescare un’eventuale ribellione, saranno le donne il nostro vero antivirus contro ogni forma di totalitarismo?
Semmai un giorno anche prossimo dovessero verificarsi le ipotesi immaginate nel suo romanzo, sarà la donna, caro Houellebecq, a “salvare” l’uomo occidentale? E’ il mio auspicio.
Quanto a quest’ultimo, egli dovrà rassegnarsi in futuro ad avere un ruolo da comprimario? Temo proprio di sì. Del resto, ciò, in parte, sta già avvenendo. Ma, in fondo, all’uomo occidentale tutto questo andrà bene lo stesso; la birretta con gli amici e la partita di calcio della domenica in tv saranno assicurate, tutto il resto conta il giusto… o no?!


Michele Salvadori

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