E’ uscito da pochi giorni un
libro che ho trovato particolarmente interessante: “La raccolta differenziata”
di Daniele Fortini e Nadia Ramazzini (Edizioni Ediesse, €.
15,00).
Il tema potrebbe sembrare
arcinoto, e dunque potrebbe venire da obiettare: “Ormai sui rifiuti, sappiano
tutto…”. In realtà, leggendolo, a meno di non essere un esperto della materia,
si scoprono molte informazioni utili a raggiungere un quadro davvero esaustivo
della problematica.
I due autori, sono innanzitutto
due addetti ai lavori (Daniele Fortini, oggi è presidente di AMA Roma SpA ed ha una grande esperienza
nelle aziende pubbliche di gestione dei rifiuti, oltre ad essere stato per 9
anni presidente di Federambiente; Nadia
Ramazzini ha lavorato per dieci anni per A2A ed oggi collabora con la Fondazione Rubes Triva, un
ente che si occupa della formazione e della sicurezza dei lavoratori delle
aziende d’igiene ambientale) che hanno messo a frutto le loro rispettive
esperienze sul campo per realizzare un testo di grande concretezza, equilibrio
ed obiettività nell’affrontare la questione rifiuti, il tutto redatto con uno
stile che consente facilità di lettura anche a chi non è un esperto del
settore.
Nella sua prima parte il testo
ripercorre la storia della gestione dei rifiuti partendo dai primi netturbini
dell’antica Grecia, dove, storicamente, nel 320 a.C. la Costituzione di Atene
stabilisce di affidare a dei “coprologi”
la pulizia delle strade dai rifiuti che dovevano essere seppelliti in
discariche esterne alla città, per passare all’antica Roma dove Giulio Cesare,
nell’”Editto di Eraclea” bandì un primo appalto pubblico “per l’igiene
dell’Urbe” che prevedeva non solo la raccolta dei rifiuti ma anche una loro
prima selezione tra quelli da recuperare, quelli da bruciare e quelli da
interrare (tutte operazioni all’epoca a cura degli schiavi), per giungere al
Rinascimento dove in città quali Milano, Firenze, Genova e Venezia fu fatto
obbligo ai proprietari delle case di spazzare e lavare la strada davanti alle
loro abitazioni e di consegnare i rifiuti ad un apposito servizio che li
avrebbe allontanati dalla città. Ma è solo con l’avvento della Rivoluzione
industriale che i rifiuti diventano un vero problema e s’inizia ad affrontare
la questione con una logica diversa. E’ a Vienna che nel 1839 vien introdotto
l’obbligo della raccolta dei rifiuti alle famiglie ed ai commercianti imponendo
la consegna ai contenitori dislocati su carri trainati da cavalli, prima, e a
partire poi dal 1918, sempre a Vienna vengono posizionati dei contenitori fissi
lungo le strade regolarmente svuotati dal servizio pubblico. Sarà sempre a
Vienna dove per la prima volta, a partire dal 1939, verrà imposta una tassa
comunale per lo smaltimento dei rifiuti, ed ancora a Vienna, nel 1973, diverrà
operativo l’inceneritore
di Spittelau per la combustione dei rifiuti urbani.
Vienna, l'inceneritore di Spittelau |
Dopo un ampio inquadramento sul
piano giuridico che illustra le normative passate e presenti nel campo (dalle
Direttive europee e le normative sui rifiuti nazionali e locali) e che giunge ad
analizzare la gerarchia di gestione dei rifiuti così come prevista dalla
Direttiva 2008/98/Ce (prevenzione –
preparazione per il riutilizzo – riciclaggio – recupero di altro tipo –
smaltimento), ed illustra gli obiettivi al 2020 (preparazione per il riutilizzo
ed il riciclaggio di carta, metalli, plastica e vetro almeno al 50% in peso),
Fortini e Ramazzini mettono in luce come: “…l’Italia
è l’unico paese europeo nel quale le politiche di recupero di materia dai
rifiuti hanno, come esclusivo punto di riferimento, le percentuali di raccolta
differenziata e non quelle di effettivo recupero.”
Ma questa appena descritta,
leggendo con cura il libro, risulterà essere solo la prima di una lunga serie
di contraddittorietà che caratterizzano il mondo della gestione dei rifiuti (in
Italia e nel mondo) a cominciare dalla definizione stessa di rifiuto. Ciascun
paese, europeo e non, ad esempio, considera “rifiuti urbani” quantità e tipi di
scarti differenti a seconda della propria organizzazione industriale del ciclo
di trattamento e smaltimento. In Danimarca gli scarti di piccole manutenzioni
edilizie domestiche sono assimilati ai rifiuti urbani, pertanto la produzione
pro capite di rifiuti dei danesi risulta tra le più alte in Europa; In
California (USA) sono addirittura considerati “municipali” tutti i rifiuti
prodotti nel confine della città, cosicché la produzione pro capite degli
abitanti di San Francisco supera i 2.500 kg per abitante all’anno! (500 kg, la
media europea, 400kg. quella del Giappone, 300 kg. quella della Russia).
Giungendo all’Italia Fortini ci illustra il paradosso di un sistema
caratterizzato dalle 20 Regioni italiane con venti differenti Piani Regionali
di gestione dei rifiuti e con i suoi quasi 9.000 Comuni con migliaia di
regolamenti comunali ciascuno diverso l’uno dall’altro.
La parte centrale del volume è
naturalmente dedicata al tema specifico della differenziazione dei rifiuti
partendo da un’accurata descrizione del sistema Conai sorto con l’approvazione
del Decreto Ronchi ed all’analisi delle singole tipologie di rifiuto: dal vetro
alle cellulose, dai metalli ai rifiuti biodegradabili, dai RAEE alle plastiche,
evidenziando come proprio questa ultima categoria sia ad oggi quella che presenta
le maggiori problematiche di recupero presentando essa, per circa il 45% del
suo totale, oltre 400 polimeri differenti spesso accoppiati o saldati con altre
materie (cellulose, resine, gomme, ecc.) da cui è talora impossibile separarli e
che dunque presenta, tranne rare eccezioni, (ndr. vedasi l’esperienza più che positiva della Revet Recycling di
Pontedera), come unica alternativa quella di essere destinata all’incenerimento.
Nell’analisi merceologica dei
rifiuti si denunciano alcuni casi emblematici della complessità del quadro
della gestione dei rifiuti quali ad esempio quelli dei mozziconi di sigarette.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in
Italia vivono oltre 10 milioni di persone che ogni giorno consumano mediamente
15 sigarette di tabacco che significano miliardi di cicche all’anno. Nella sola
città di Roma (5% della popolazione italiana) ogni giorno vengono gettate oltre
2 miliardi e mezzo di cicche di sigaretta (ogni cicca impiega 2 anni al suolo e
ben 5 anni in mare per degradarsi). Quantificando: nessuna statistica evidenzia
la produzione di 116.000 tonnellate all’anno di mozziconi di sigaretta, la gran
parte dei quali non è immaginabile possa essere raccolta in modo differenziato…
Ma uno dei concetti chiave che
emergono da questo prezioso volumetto è che i rifiuti urbani vanno inseriti in
un ciclo industriale. Affermare cioè che la sola raccolta
differenziata rappresenti la soluzione del problema e la conseguente scomparsa di
inceneritori e discariche è un’illusione. Al contempo gli autori
sollecitano l’osservanza dei buoni comportamenti ecologisti ed invitano il
mondo ambientalista e del volontariato a diffondere, mediante campagne mirate,
la consapevolezza e la responsabilità di ciascuno di noi su questo tema. In
proposito si afferma l’importanza di realizzare e poter disporre di
infrastrutture ed impianti che assolvano la funzione essenziale di recuperare
materia ed eliminare o minimizzare la pericolosità di rifiuti non recuperabili.
Accade ancora infatti in molte realtà italiane che popolazioni encomiabili nei
risultati raggiunti per la raccolta differenziata respingano però la
realizzazione ad esempio d’impianti di
compostaggio o di valorizzazione dei rifiuti riciclabili vicino alle loro
abitazioni.
Nella seconda parte del testo
vengono ripercorse le tradizioni secolari del nostro paese nella raccolta
differenziata dei rifiuti fino alle evoluzioni che hanno portato all’odierna
organizzazione. Fu a Modena, nel 1973, che la locale azienda municipalizzata
iniziò per prima a raccogliere in modo differenziato i rifiuti urbani
riciclabili. Di questa evoluzione causa-effetto principale è stato senza dubbio
lo sviluppo economico ed il cosiddetto “eccesso consumistico” che ha portato ad
una vera e propria proliferazione della produzione dei rifiuti dal secondo dopo
guerra ad oggi.
Un sistema di raccolta a cassonetti stradali |
Il testo mette a confronto i principali sistemi di raccolta da
quella a cassonetti stradali al sistema porta a porta spinto
alla raccolta con sistema a tariffa puntuale evidenziando i pro e i contro di
ciascuno e quale sia da preferire a seconda del contesto locale dove ci si
trova ad operare. I fattori che concorrono al successo di un efficiente sistema
di raccolta differenziata dei rifiuti sono molti e soprattutto viene
evidenziato dagli autori come non esista un modello vincente unico ed
applicabile in ogni contesto.
In generale si afferma che per i Comuni fino a
50.000 abitanti il Porta a Porta spinto
può essere la soluzione più proficua mentre per le città medio-grandi è
preferibile l’adozione di un Sistema
misto (porta a porta + cassonetti stradali). Ma gli stessi autori
ribadiscono che tale regola non sempre è efficace ovunque. Fondamentale
risulterà allora la pianificazione della gestione dei rifiuti che parta da una
preliminare conoscenza del territorio in tutti i suoi aspetti fisici, economici
e sociali. Anche l’incidenza del clima e delle condizioni meteo avrà una
valenza non secondaria. E naturalmente, altrettanto fondamentale sarà il
coinvolgimento e la partecipazione attiva della cittadinanza al raggiungimento
degli obiettivi previsti. Anche il bilancio economico della gestione dei
rifiuti avrà un peso dirimente nella scelta delle azioni. Troppo spesso infatti
avviene che cittadini ma anche amministratori rimangano delusi perché, a fronte
di elevati obiettivi percentuali raggiunti, si registrano aumenti rilevanti nei
costi anziché risparmi tributari o tariffari.
Nella terza parte si passa ad
analizzare più direttamente il sistema impiantistico confrontando i pro ed i
contro delle varie tipologie: dagli Impianti
di compostaggio (aerobico ed anaerobico), agli Impianti
di Trattamento Meccanico-biologico (TMB), a quelli di Tritovagliatura (STIR),
alle discariche fino a
giungere ad affrontare la questione più delicata, quella dell’incenerimento dei rifiuti.
Una discarica di rifiuti |
Si dichiara, in proposito, come “in fondo, a ben vedere, non sono certo
discariche e inceneritori a compromettere gli equilibri della natura terrestre,
nel momento in cui circolano quasi un miliardo di veicoli inquinanti, sbuffano
miliardi di camini inquinanti, pulsano milioni di fabbriche. E cosa dire delle
centrali atomiche? E le guerre? ... Poche centinaia di super-controllati
inceneritori, però, fanno perdere il sonno a tanta gente. Per qualcuno la loro
chiusura è una ragione di vita, l’esorcismo del male…E poco importa se in
ambiente urbano il massimo apporto all’inquinamento atmosferico…è rato dal
traffico veicolare (41%), nonché dai processi di produzione (24%) e generazione
di energia (17%)”.
Ma altresì sarebbe ingeneroso non includere in questo
commento come il testo non sia un elogio incondizionato a favore
dell’incenerimento dei rifiuti. Fatte le affermazioni sopra riportate Fortini e
Ramazzini ribadiscono con altrettanta sicurezza come sia indubbio che gli
inceneritori non rappresentino altro che una soluzione temporanea, di passaggio,
nell’attesa che si giunga di qui a qualche decennio ad un sistema industriale
in grado di progettare e costruire, ad esempio, tutte le singole componenti di
un’automobile in modo che - alla dismissione dell’auto al termine del suo ciclo
di vita - esse possano essere tutte o per lo meno la gran parte di esse
recuperate e riciclate (oggi circa il 30% invece finisce all’incenerimento per
l’impossibilità di separarle). L’incenerimento non può infatti
rappresentare una soluzione finale del problema nel momento in cui distrugge
della materia che invece potrebbe ancora essere recuperata e reimmessa in un
ciclo di produzione.
La comunicazione della
Commissione europea sull’economia circolare, adottata dal Senato nel Novembre
2014, definisce l’obiettivo dell’Europa a “zero rifiuti” inserendolo in quello
più ampio della promozione di un’economia circolare, in cui i
rifiuti sono considerati materie prime secondarie dalle quali ottenere prodotti
al pari di quelli ottenuti dalle materie vergini.
Pertanto, concludono, gli autori
“Rispetto alle discariche per rifiuti
“tal quali”… a molti appare che l’opzione dell’incenerimento sia preferibile;
ma, rispetto ad una progressiva capacità di generare minori quantitativi dei
rifiuti e di poterli massicciamente recuperare come materia, il recupero di
energia non può che essere considerato una tecnica residuale, dedicata
unicamente a quegli scarti che non potranno essere altrimenti recuperati.
Parlarne senza isterismo e senza conformismo è doveroso, nonostante il termine
“incenerimento” sia divenuto sinonimo di una pratica quasi diabolica. Se in
Europa funzionano 391 inceneritori di rifiuti (dati E-Prtr anno 2012) e 47 sono quelli progettati per il futuro,
mentre crescenti quantitativi di rifiuti urbani pretrattati finiscono nei forni
dei cementifici o delle centrali elettriche, non è certo un esercizio ginnico
il confrontarsi per capire cosa davvero accade e cosa può o dovrebbe accadere.”
D’altro canto viene ricordato
anche come esistano scuole di pensiero diverse come quella statunitense che
tende a preferire all’incenerimento le discariche privilegiando cioè la teoria
del cosiddetto “landfill mining” col convincimento che le materie ora rifiuti
un giorno potrebbero divenire, a causa della penuria di risorse naturali, una
risorsa importante. Va aggiunto però che, a differenza dell’Italia gli USA
hanno una disponibilità di territorio che consente loro di realizzare discariche
in aree desertiche, cosa da noi irrealizzabile…In Italia, invece, al momento
non c’è nessuno che consideri una miniera gli 8 milioni di ecoballe dislocate in Campania!
Insomma, questo testo, a mio
parere, dovrebbero leggerlo in tanti, a cominciare da molti dei nostri
amministratori. Se non il libro “mastro” sul tema della gestione dei rifiuti
come recita la sua sovracoperta, esso è senza dubbio un libro utile a
raggiungere un grado di consapevolezza maggiore sul mondo e sulle grandi
problematiche legate alla gestione dei rifiuti.
Michele Salvadori
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