Firenze, ore 6 di mattina, mi sto
preparando ad uscire per recarmi alla stazione e prendere il Frecciargento per
Roma. Accendo il cellulare e mi arriva un sms che mi informa che qualcuno mi ha
chiamato dopo la mezzanotte di ieri.
“Chi è che rompe a quell’ora?”- il mio primo pensiero.
Avranno sbagliato numero, mi dico.
Sul treno per Roma tolgo la suoneria per evitare di disturbare gli altri
viaggiatori, anche se questo tipo di attenzioni ormai 9 viaggiatori su 10 la
ignora.
Giunto a Roma, mi accorgo che lo
stesso numero che mi ha chiamato ieri sera dopo la mezzanotte mi ha richiamato
di nuovo durante il viaggio. Inizio a preoccuparmi un po’. Lo richiamerò. Sono
però di fretta; il treno è giunto a Termini in ritardo ed io debbo correre alla
Conferenza degli Amici della Terra, adesso non ho tempo. Mi riprometto, appena
avrò una pausa, di richiamare quel numero.
Giunto alla Conferenza, tolgo di
nuovo la suoneria al mio cellulare per evitare di disturbare i relatori.
Attorno alle 10 do un’occhiata
allo schermo del mio smartphone e che ci trovo? Di nuovo una chiamata da quello
stesso numero. Deve essere una cosa importante se questa persona continua a
cercarmi con tanta insistenza.
Decido di abbandonare la sala
della conferenza per cercare di capire una volta per tutte di che cosa si
tratti.
Proprio mentre sto uscendo dalla
sala il mio cellulare suona di nuovo e di nuovo è quel numero.
Rispondo: “Pronto?”
“Pronto. Che sei Salvadori, te?”
“Si, sono io; con chi parlo
scusi?”
“Che hai perso le chiavi
dell’auto, per caso?”
“No, non mi pare, credo”. Vengo
subito assalito da mille dubbi. Chiavi dell’auto perse? Non sarebbe purtroppo
la prima volta che mi capita. Ma dove? La voce dall’altro capo del telefono ha
un accento romano inconfondibile. Il tipo, dalla voce roca, insiste con le
domande.
“Ma che sei professore, te?
Insegni a scola?”
“No, proprio professore no, però
in effetti mi capita ogni tanto…, ma perché, scusi?”
“Assieme alle chiavi dell’auto,
ho trovato ‘na chiavetta e su sta chiavetta ce sta er nome tuo cor tu numero de
telefono. Poi c’è un sacco de robba, lezioni sui rifiuti, se ho capito bene,
possibbile?”
“Si, può darsi, ma dove le ha
trovate, lei mi sembra che sia di Roma, io abito a Firenze.”
“L’ho trovate su un autobus a
Roma a Barberini. Assieme alla chiavetta e alle chiavi dell’auto ce sta pure un
mazzo de chiavi de casa, credo. Dimme un po’, ho bisogno de capì se davvero ste
chiavi so’ tue. Com’è fatto er portachiavi delle chiavi de la machina?”
Le interrogazioni mi hanno sempre
messo una certa ansia. Vengo colto alla sprovvista. Com’è fatto il portachiavi
dell’auto, mica me lo ricordo!
“Aspetti un attimo, dunque, il
portachiavi della mia auto…mi sembra che…”
“Oh, ma ste chiavi sso’ ttue o nun
sso’ ttue? Ieri sera come sé tornato a casa si nun ci’avevi le chiavi de la
machina e pure quelle de casa?!”
Io ieri ero a Roma, non ho usato
l’auto, ho preso il treno, ma le chiavi di casa ce l’avevo altrimenti non sarei
rientrato e pure stamani le ho usate per chiudere la porta appena dopo essere
uscito.
“No, guardi, le chiavi di casa io
ce l’ho, sono sicuro. Quelle dell’auto non lo so. Adesso provo a chiamare mia
moglie ed a chiedere a lei, la chiavetta potrebbe essere davvero la mia. Posso
fare questa verifica e poi la richiamo?”
“Vabbè! Aspetto che me richiami”.
Sono il solito sbadato che perde
tutto. Mi affretto a chiamare mia moglie. “Pronto amore? Per caso sei a casa?
Mi ha chiamato un tipo che dice di aver trovato ieri sera qui a Roma
sull’autobus la mia chiavetta usb e due mazzi di chiavi, potresti controllare
se ho lasciato a casa le chiavi della macchina?”
“Certo, controllo subito….No,
veramente le chiavi dell’auto sono qui a casa.”
“Meno male. Grazie amore, baci.
Poi ti racconto”
Mi affretto a richiamare il tipo.
“Pronto, no guardi io le chiavi
dell’auto le ho a Firenze, dunque quelle che lei ha trovato non sono mie.”
“Però la chiavetta è tua, c’è
tutta robba tua sopra, o no?!”
In effetti sembrerebbe proprio
così.
“Senti, io so autista dell’ATAC,
se vuoi riavere la tua chiavetta come preferisci fare?”
“Io sono a Roma anche oggi, se
vuole potremmo fissare da qualche parte, nel pomeriggio sono in grado di liberarmi”.
“Va bbe’. Io ner pomeriggio
faccio ‘r turno sur 664, me potresti raggiunge’ da quarche parte; ndove sstai a
lavorà?”
Spiego al tizio, di cui ignoro
perfino come si chiami, che mi trovo a Palazzo Rospigliosi, vicino al
Quirinale. Mi rendo conto con una certa preoccupazione che lui invece di me sa
già un sacco di cose: nome, cognome, indirizzo, numero di cellulare e, se ha la
mia chiavetta, purtroppo molto altro. Su quella chiavetta, la mia unica
chiavetta, ho copiato, quest’estate prima di partire per le ferie, tutte le
password utili; può accedere non solo alla mia posta elettronica ma addirittura
utilizzare pure le mie carte di credito! Vengo colto dal panico, anche se cerco
di mascherarlo all’esterno. Non oso richiamare mia moglie per spiegarle la
situazione.
Il tipo mi propone d’incontrarci dopo
le 15 al capolinea del 664 a Largo Colli Albani.
“Prendi la metro A e scenni alla
fermata Colli Arbani. Nda dove sei ora ce metti 5 minuti ad arrivà. Di fronte
te trovi il 664. Io faccio l’autista su quella linea oggi pomeriggio. Aspettami
lì che faccio i giri e prima o poi arrivo…”
Che faccio? Non credo di avere
molte alternative. Perciò accetto.
Sono le 10,30 di mattina. Dovrò
attendere almeno fino alle 15. Questa rischia di diventare una delle giornate
più lunghe della mia vita…
Da quel momento conto i quarti
d’ora, non riesco a seguire con attenzione il dibattito alla conferenza, la mia
testa è altrove. Il mio primo pensiero va a questo tizio che mi ha chiamato.
Chi è veramente, che vuole, che si aspetta da me? La polemica su Roma ladrona,
sull’inchiesta “Mafia-Roma capitale” mi ronza nel cervello. Sti’ romani, tutta
gente corrotta! Ora di sicuro questo tizio tenterà di spennarmi: “Arivoi
indietro la tua chiavetta? Bhe, sopra c’è robba importante…Che famo?!”
Che faccio? Sulle prime penso di
ringraziarlo dandogli 20 euro, basteranno? Oppure magari si offende…Troppo
poche 20 euro. Troppo poche per il valore della chiavetta per me.
Cazzo! Ma tu guarda in che casino mi vado a cacciare per la mia
sbadataggine!
Finalmente la mattinata si
conclude ed arriva l’ora di avviarmi all’appuntamento.
Lavoro a Roma da poco più di un
anno e, ora che ci penso, non ho mai preso la metro in questa città. Mi
perderò? Sono sicuro di aver capito bene le indicazioni che mi ha dato. Più
scendo le scale dell’ingresso della metro di piazza della Repubblica e più mi
si sale l’ansia per le incognite che mi attendono.
Prendo la metro “A” ed arrivo
alla stazione metro Colli Albani. Salgo in superficie e mi ritrovo in una
piazza ampia, e caotica. La prima cosa che noto è la sporcizia, un po’ ovunque.
Mi ricorda la classica periferia di molte delle nostre città. Ovunque mi giri
vedo enormi palazzoni a 8-10 piani dall’aspetto trascurato. Ma dove sono
capitato? Ma chi me lo ha fatto fare di venire fino a qui?
Di fronte a me la fermata
capolinea della linea 664. Sono in largo anticipo ma decido comunque di
ritelefonare al tizio per avvisarlo che io già ci sono.
“Pronto, sono Salvadori. Io sarei
già al capolinea del 664, ho fatto prima del previsto”.
“Eh, però io nun sarò là prima de
‘n’ora…”
Un’ora? Cazzo! Come un’oraaa?! Ed io che ci faccio un’ora qui ad
aspettartiii!
“Ah, va bene, pazienza. Non si
preoccupi. In fondo è colpa mia, sono io che sono arrivato prima del previsto.
Vorrà dire che mi faccio due passi…”
La voce dall’altra parte del
telefono resta in silenzio per qualche secondo. Quel silenzio in qualche modo mi
fa sentire per la prima volta questo sconosciuto un po’ più vicino. Non lo dice
ma è come se provasse un po’ di dispiacere per me. Professò, povero te, un’ora ad aspettarme in quer posto di m….!
“Eh, guarda, io sto partendo di
casa in questo momento, ma prima di un’ora nun gliela faccio ad esse là.”
“Va bene, ripeto, l’aspetto qui,
magari mi faccia uno squillo appena arriva, d’accordo?”
E ora come diamine la passo quest’ora?
Inizio la perlustrazione. La
giornata si è fatta calda, o forse è la tensione. Fatto sta che ho caldo e decido
di togliermi il cappotto. Ma sono vestito in giacca e cravatta e mi accorgo
subito che mi si nota un po’. Le persone per strada mi osservano. In giro c’è
poca gente. Mi avvio in direzione del primo spazio verde che mi appare in
lontananza. Attorno a me cassonetti della spazzatura straripanti ed immondizia
abbandonata per terra. Una vecchia Ape arrugginita ed ormai senza ruote
staziona abbandonata chissà da quanto tempo in un angolo della piazza. C’è un
mercato rionale nei suoi pressi. Ma ormai sta chiudendo. La gran parte degli
esercizi ha già tirato giù i bandoni. Decido di rimettermi il cappotto.
Preferisco sudare un po’ ma dare meno nell’occhio. Assurdo. Non c’è quasi un’anima
in giro, sono le 15 del pomeriggio. Mi si nota comunque.
Mi avvicino all’area verde. Area
verde per modo di dire. Uno spazio largo 10 metri per 20 dove si trovano 3
pini, un prato incolto con l’erba alta 50 cm, (dentro la quale non oso neppure
immaginare cosa si possa celare alla vista), naturalmente sporcizia ovunque e
le due uniche panchine presenti sono parzialmente prive di assi. Ad una manca
completamente la seduta, all’altra la spalliera. Chissà, magari uno s’è fatto
la panchina a casa propria…
Penso a quel dirigente
responsabile delle aree verdi di Roma che la recente indagine su Roma Capitale
ha trovato in possesso di 500mila euro nascoste nella sua abitazione. Il denaro
per sostituire due panchine, invece, quello non si trova…
Incrocio una ragazza che sta
portando il cane a passeggio. Il cane si ferma a fare i suoi bisogni corporali
lasciando sul selciato i suoi escrementi. La ragazza naturalmente si guarda
bene dal raccoglierli. Chissà perché non lo trovo affatto strano. Del resto,
anche se lo facesse, non servirebbe a molto visto il degrado che ci circonda.
Decido di proseguire oltre, sperando di trovare un posto migliore dove potermi
sedere a leggere qualcosa (porto sempre un libro con me, per fortuna) per
ingannare l’attesa. La ricerca si dimostra vana per un po’ fino a quando trovo
miracolosamente una panchina nei pressi di un’edicola per giunta aperta. Mi
siedo lì, almeno non sono solo.
Trascorro circa mezz’ora, mi
fermo ad acquistare una rivista all’edicola, dove trovo il titolare che,
inaspettatamente, mi dà del lei e parla in maniera molto educata e forbita. Ma
tu pensa, magari è pure laureato!
Decido di tornare a Largo Colli
Albani. Arrivatoci, provo ad addentrarmi dalla parte opposta rispetto a quella
da dove arrivo e mi accorgo di trovarmi quasi in una altra città.
Improvvisamente, strade ordinate, bei negozi, anche di lusso, supermercati,
concessionarie auto, librerie, bar, ristoranti, condomini moderni e ben tenuti
anche se ovunque mi giri trovo cartelli con la scritta VENDESI E AFFITTASI
APPARTAMENTI.
Sono ormai le 15,50. Torno verso
la piazza e mi avvicino alla fermata del bus. Ormai è questione di poco e
finalmente mi toglierò questo dente. Vada
come vada.
Alle 15,55 arriva al capolinea un
bus “664”. Vedo scendere da lì un tipo che mette subito mano al cellulare e
chiama. Contemporaneamente il mio telefono comincia a squillare. Capisco che è
lui la persona che sto aspettando.
Mi avvicino a lui e subito ci
riconosciamo reciprocamente. Lui ha capito che sono io e io so ormai che è lui.
Mi basta dargli un’occhiata
perché immediatamente tutte le mie ansie, i miei timori ed i miei dubbi vengano
fugati. La persona che mi stringe la mano sorridendo, ha la classica faccia del
buon padre di famiglia. Ispira fiducia e trasmette grande serenità. Dimostra
una sessantina d’anni e porta un paio di lunghi e ampi baffoni bianchi che
aprono ad un sorriso profondamente sincero.
“Piacere, mi chiamo Valter” – mi
dice. (ndr. Il nome dato al personaggio è
di pura fantasia)
“Piacere mio” – gli rispondo.
Improvvisamente il tu che mi dava
per telefono si trasforma in Lei.
“Venga, annamo al bar, che ci
prendiamo un caffè”
“Volentieri”, rispondo
contraccambiando il sorriso.
Però voglio subito chiarire la
questione “economica” e mi secca farlo dentro al bar davanti ad altre persone.
Mi sono preparato una banconota da 50 euro in tasca, pronto a girargliela al
momento opportuno.
“Aspetti, però, Valter; solo un
momento prima del caffè. Vorrei chiarire questa cosa subito”.
Faccio il gesto d’infilare una
mano nella tasca dei pantaloni per prendere la banconota. Lui è come se
intuisse al volo le mie intenzioni e mi blocca immediatamente. Arrossiamo
entrambi, lui per l’imbarazzo ed io per l’imbarazzo di avergli procurato
imbarazzo.
“No, no, che sta facendo! No,
guardi che nun ha capito. Io faccio l’autista. Ogni tanto me capita de trovà
oggetti abbandonati sulla vettura. Prima di passarli alla polizia provo a
restituirli de persona. Se nun ce s’aiuta tra de noi…Venga che le offro il
caffè”.
Come il caffè? Cioè questo Valter non solo mi sta facendo un enorme
favore, ma addirittura mi vuole pure offrire il caffèèè?! Ma questa non era
Roma ladrona? E questo da dove piove? Che sia un’extraterrestre?
Entriamo nel bar e subito mi
dirigo alla cassa, precedendolo. Lui insiste per pagare. Ma quasi implorandolo
a mani giunte gli spiego che almeno il caffè lo “devo” offrire io. Lui alla
fine, sia pure con dispiacere, accetta.
Seguono 5 minuti intensissimi,
nei quali mi gusto uno dei caffè più buoni della mia vita in compagnia di una
persona di cui non so assolutamente niente ma con cui adesso vorrei
intrattenermi un’ora e più.
Tira fuori la chiavetta ed i due
mazzi di chiavi e me li mostra. Io confermo che le chiavi non sono le mie e,
sorpresa, neppure la chiavetta usb lo è.
“Ma come? Non è la sua chiavetta?”
“No, guardi la mia chiavetta è
diversa”.
Improvvisamente mi accorgo che
dopo la telefonata della mattina non ho minimamente pensato a cercare la mia
chiavetta dove la tengo di solito ovvero nello zaino che mi porto sempre dietro
e che anche adesso ho sulle spalle.
“Eppure, guardi che su sta
chiavetta ce sta ‘n sacco de robba sua”.
Valter tira fuori il suo
cellulare, ci attacca la chiavetta e tempo qualche secondo in effetti appaiono
sullo schermo del cellulare una serie di documenti ed una cartella “Rifiuti”. Valter
apre quella cartella e mi mostra una serie di file che sono tutti stati
prodotti da me: ppt delle mie lezioni sui rifiuti, documenti sulla gestione dei
rifiuti in formato pdf ed anche una lettera a mia firma nella quale io mi
rivolgo ad un certo professor XXXX confermando l’appuntamento che ho con lui
per tenere un seminario di educazione ambientale nella scuola dove lui insegna
a Barberino di Mugello.
Capisco perché il signor Valter
abbia pensato che la chiavetta da lui ritrovata appartenesse a me, ma al
contempo intuisco che al contrario, tutto quel materiale potrebbe invece
appartenere proprio a quel professore dove io mi sono recato a tenere la
lezione sui rifiuti, (ho l’abitudine di lasciare i miei file agli insegnanti
che me lo richiedono dopo aver fatto l’incontro con i loro alunni).
Il mistero è come da Barberino di
Mugello, comune situato a 40 chilometri da Firenze, questa roba sia finita a
Roma. Ma, come si dice in questi casi, questa è un’altra storia.
Decido di trattenere io la
chiavetta, di studiare bene i file contenutivi e provare io a risalire al
presunto proprietario di quegli oggetti. Valter tratterrà ancora per qualche
giorno i due mazzi di chiavi.
E’ giunta l’ora di salutare il
signor Valter, il suo autobus della linea 664 lo attende per iniziare il
percorso.
Quasi mi spiace salutarlo. Lo
ringrazio ancora moltissimo e gli prometto che comunque lo richiamerò in ogni
caso anche se la mia ricerca risultasse vana.
Prima di allontanarmi gli rivolgo
un’ultima domanda: “Mi scusi, ma lei come ha detto di chiamarsi? Valter e poi?”
“Valter, mi chiamo, Valter e
basta.”
Auguri, Valter. Auguri di cuore.
E’ bello sapere che in giro ci sono persone come Lei.
Prima di scendere a prendere la
metropolitana do un’ultima occhiata a Largo Colli Albani. Sono le 16 poco più
di una bella giornata. Il sole sta calando.
Scopro, all’improvviso, che
questo luogo non è affatto inospitale come credevo fino ad un’ora fa.
Auguri di Buone Feste!
Michele Salvadori
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