“Fino ad oggi, la narrazione dominante è stata incentrata sulla crescita
infinita su un pianeta finito, col presupposto che la Terra e la natura hanno
un’infinita capacità di sopportare qualunque abuso senza reagire. Questa
narrazione ha avuto un senso finchè abbiamo abitato in un piccolo mondo su un
pianeta relativamente grande, capace di assorbire tutte le offese che gli
scarichiamo addosso. Ma non è più così. Quell’epoca è finita 25 anni fa. Oggi abbiamo
creato un grande mondo su un piccolo pianeta, così carico di stress ambientali
che ha iniziato a presentare le prime fatture all’economia mondiale: i costi
crescenti degli eventi meteorologici estremi e la volatilità dei prezzi degli
alimenti e delle risorse sui mercati mondiali”. Il brano è tratto dall’introduzione di “Grande mondo piccolo pianeta” di Johan Rockstrom e Mattias Klum (Edizioni Ambiente 2015).
Ho scelto di parlare di questo libro sul mio blog, rispolverato per caso
dal mio scaffale nel corso di una pulizia estiva e non più nuovissimo, in
quanto la reputo una delle letture più interessanti e complete su queste
tematiche da me affrontate in questi anni.
Johan Rockstrom è direttore
dello Stockholm Resilence Centre ed
uno dei massimi esperti mondiali di Global Sustainability e si è avvalso della
collaborazione di Matthias Klum le cui splendide immagini fotografiche
arricchiscono e completano la stesura di questo volume.
Il volume si sofferma ad analizzare lo stato attuale del nostro pianeta e
l’attuale epoca geologica che lo contraddistingue, Antropocene, denominazione
datale nel 2000 dal premio Nobel per la chimica, Paul Crutzen, che volle in
questo modo affermare come la nostra epoca sia dominata e condizionata dall’intervento
umano e dai suoi effetti.
Come ricorda Gianfranco Bologna nella sua bella
introduzione al volume: “Attualmente, ogni secondo l’umanità consuma circa
1.000 barili di petrolio, 93.000 metri cubi di gas naturale e 221 tonnellate di
carbone….La popolazione mondiale oggi si aggira sui circa 7,5 miliardi di
abitanti…agli albori della Rivoluzione industriale nel 1750 si stima ne
vivessero appena 800 milioni, ….il tasso di crescita mondiale è di circa 83
milioni l’anno”.
Rockstrom individua le principali criticità causate da un sistema economico,
che si ostina a percorrere la strada di uno sviluppo lineare ed illimitato in
un pianeta che invece limitato da confini e risorse ben definite lo è eccome,
in 4 punti che lui definisce la “quadruplice morsa” ovvero:
- la crescita della popolazione ed i disparati livelli di reddito tra un 20% ricco, ed un restante 80% che aspira, giustamente, a raggiungere livelli di benessere analoghi a quelli dell’altro 20 %.
- i cambiamenti climatici ed i livelli di concentrazione di gas ad effetto serra che hanno già superato la soglia delle 450 ppm ovvero quel limite che gli scienziati hanno stabilito essere la soglia massima oltre la quale i rischi per la preservazione delle condizioni di vivibilità del pianeta per molte delle attuali specie viventi (uomo incluso) diventano elevati.
- l’erosione della capacità di resilienza della Terra - ovvero della capacità di sopportare un forte cambiamento e di ritornare allo stato originario senza significative modificazioni - è in atto già da tempo a tal punto da ritenere che ormai ben il 60% dei servizi ecosistemici fondamentali al sostengno del benessere umano è compromesso.
- il superamento delle soglie di sicurezza comporta di conseguenza le probabilità sempre maggiori che si verifichino gravi eventi e cambiamenti improvvisi non preventivabili dall’uomo.
Rockstrom ipotizza un impianto operativo che consenta all’umanità di sviluppare
un percorso di recupero e di rigenerazione delle condizioni ottimali di
vivibilità del pianeta. Per questo egli introduce il tema dei “confini planetari”.
Lo studioso si propone di definire quali
siano i principali processi del sistema terrestre al fine di mantenere la
stabilità del pianeta e ne identifica 9: cambiamento climatico, integrità
della biosfera, nuove entità, riduzione dell’ozono stratosferico,
acidificazione degli oceani, cicli dell’azoto e del fosforo, cambiamenti nell’uso
dei suoli, utilizzo globale dell’acqua, diffusione dell’aerosol atmosferico.
Per ciascuno dei 9 punti Rockstrom indica quali ne siano i valori limite
invalicabili ai fini della stabilità e quale sia il suo valore attuale. Per due
di questi 9 confini planetari (integrità della biosfera e cicli di azoto e
fosforo) si evidenzia come purtroppo i limiti siano già stati abbondantemente
superati.
Secondo Rockstrom per poter affrontare e
risolvere i danni causati dall’uomo è necessario un profondo cambiamento
culturale e l’acquisizione di una nuova mentalità che non sia ispirata né alla
vecchia idea neoliberista della crescita infinita, né alla visione apocalittica
dei neo-malthusiani. L’uomo dovrà in sostanza cambiare paradigma ed abituarsi a
convivere con l’idea di avere a disposizione un campo da gioco ben delimitato
entro il quale e solo entro il quale poter operare. Una volta accettata questa
idea l’umanità già oggi, secondo il direttore dello Stockholm Resilence Centre,
ha delle soluzioni concrete da cui sviluppare un proprio percorso di recupero
degli standard necessari a garantire la vivibilità sul nostro pianeta.
Uno dei pregi di questo volume è secondo me proprio questo: esso offre
delle soluzioni lasciando, con ottimismo, spazio alla concreta possibilità di
recuperare agli errori commessi nel nostro recente passato.
Secondo Rockstrom naturalmente le sfide da affrontare saranno colossali
ma partendo dall’idea di agire all’interno del campo da gioco da lui ben
definito con i 9 limiti sopra elencati e solo attraverso un’azione
combinata tra cambiamenti di stile di vita, innovazioni tecnologiche e
politiche che incoraggino la sostenibilità e sanzionino le attività ed i
comportamenti insostenibili potremo, col tempo, innescare quella transizione
necessaria al raggiungimento dell’obiettivo.
Anche in questo caso vengono
indicate almeno 5 principali aree d’intervento: sistemi energetici
sostenibili e rinnovabili; sistemi alimentari sani e sostenibili; lo sviluppo
di un’economia definitivamente di tipo circolare e non più lineare; la progettazione
di città sostenibili dove presto vivrà oltre il 70% degli abitanti del pianeta;
sistemi di trasporto sostenibili.
Rockstrom propugna il passaggio, suggerito dall’economista Kenneth Boulding,
dall’ “economia del cowboy” dove consumi e produzione senza limiti sono
considerati una buona cosa, all’ “economia dell’astronauta” ispirato all’idea
che la Terra è una sorta di astronave che si muove nello spazio e sulla quale l’uomo
può però cercare di migliorare la propria qualità di vita.
L’uomo, in sostanza, dovrà divenire in futuro “custode del pianeta e
delle sue bellezze rimaste” favorendo la transizione da uno stile di vita
che finora si limitava a sfruttare le risorse del pianeta a proprio uso e
consumo ad uno che invece si sforzi di aumentare la resilienza della Terra.
Michele Salvadori
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