Il mondo di oggi, come sappiamo, è afflitto da una triplice
crisi: economica, energetica ed ecologica. Jacopo
Simonetta e Luca Pardi con il loro “Picco per capre” (edizioni Luce) si
propongono di spiegare il perché di questa crisi a quelle che gli autori
definiscono le “capre” di sgarbiana memoria, ovvero a persone “un po’
ignoranti, ma non stupide” - citando Luca Mercalli che cura la prefazione di
questo testo – piuttosto e semplicemente, troppo indaffarate a sopravvivere in
un mondo sempre più caotico e complesso a tal punto da lasciar loro, le capre,
poco tempo per gli approfondimenti e la riflessione.
Al termine di questa lettura la mia prima considerazione - da
capra diligente- è stata quella di desumere, dalle parole degli autori, come la
colpa principale sia proprio delle “capre umane”, responsabili non tanto di
essere la prima causa di questa triplice crisi per le loro azioni ed il loro
stile di vita, ma piuttosto la conseguenza. Perché, proprio in quanto “capre” esse
sono inconsapevoli degli effetti negativi dei loro comportamenti quotidiani.
Il principale merito di questo testo è, a mio avviso, quello
di affrontare una serie di tematiche, estremamente complesse, con semplicità, ovvero
di fare divulgazione scientifica alla portata delle “capre”, appunto, in modo
da poter raggiungere anche - direi soprattutto - i non addetti ai lavori.
Il geniale continuo rimando ad esercizi da fare nel corso
della lettura e l’invito ad effettuare verifiche sui motori di ricerca in
internet dovrebbero renderlo adatto anche agli studenti delle scuole superiori
che, oltre ad essere, talvolta, delle capre, (ma pure certi loro professori non
scherzano…), com’è noto, sono stati definiti, in un celebre romanzo di Michele
Serra, gli “sdraiati”, qualità che non dovrebbe compromettere la capacità di indottrinarsi
un po’, leggendo questo testo sorreggendolo con la mano sinistra, mentre con la
destra potranno contemporaneamente continuare a smanettare sul loro Iphone.
Difficile sintetizzare i contenuti di quest’opera che di per
sé si propone proprio, a sua volta, di presentare una sintesi delle tante e
complesse cause che hanno portato allo stato attuale delle tre crisi. Fatti
tutti i dovuti distinguo del caso, “Picco per capre” potremmo definirlo un
manuale di sopravvivenza futura, oltre che - citando ancora le parole della
prefazione di Luca Mercalli -: “il distillato di decenni di riflessioni cruciali per il nostro futuro”, almeno di una certa corrente di
pensiero dell’ambientalismo contemporaneo. Purtroppo infatti anche gli
ambientalisti contemporanei, come sappiamo - pur rappresentando una piccola
nicchia in termini numerici - hanno pensato bene, a loro volta, di dividersi in varie linee di pensiero, tanto da
concorrere - a mio avviso in maniera tutt’altro che irrilevante – a confondere
più che mai le idee alle povere “capre” umane.
Quest’opera è inserita nella collana “Apocalottimismo” della
casa editrice Luce, e di questa collana Luca Pardi e Jacopo Simonetta ne sono i
condirettori.
Chi è dunque un apocalottimista? Per la definizione mi
rifaccio direttamente a quanto riportato dal sito della casa editrice Luce
Edizioni: “Un apocalottimista
è sostanzialmente una persona consapevole che tutto andrà male…, ma che ancora
pensa che le cose torneranno, in diverso modo, a posto”. E, ancora, dal sito www.apocalottimismo.it
traggo questa ulteriore definizione: Apocalottimismo significa non
perdersi d’animo, pur sapendo che il collasso della civiltà industriale
sconvolgerà ogni aspetto delle nostre vite. La crisi economica e politica,
la crisi energetica, lo sconvolgimento del clima, l’estinzione di milioni di
specie, l’inquinamento e molto altro ancora sono tutte facce di un’unica
realtà. Iniziare a capire ciò che sta accadendo certo non ci renderà immuni
dalle calamità, ma ci potrà aiutare a mantenere un atteggiamento costruttivo, evitando le
trappole di cui è disseminato il cammino.
L’opera di Pardi e Simonetta, nella sua prima parte, fornisce
una brillante sintesi di quali siano i principali schemi macroeconomici che
governano la società contemporanea, per poi passare ad i mali e le
problematiche da cui questi schemi sono afflitti, cercando di prevedere ciò che
il futuro ci potrebbe riservare, per poi, infine, fornirci dei suggerimenti per
il “day after” che, a parere dei seguaci dell’apocalottimismo, ci attende,
inevitabilmente.
Tra i concetti chiave esposti nel libro ci sono quello della crescita esponenziale.
Si stima che sul nostro pianeta 5.000 anni fa ci fossero
circa 14 milioni di persone; oggi siamo oltre 7 miliardi e, nel giro di ancora
non molti anni, siamo destinati a raggiungere gli 8 miliardi di abitanti. Può
la Terra continuare ad ospitare una popolazione in continuo aumento, garantendo
ad essa una qualità della vita sufficientemente adeguata?
Ma questa è solo la prima di una lunga serie di domande che,
a cascata, ne derivano come causa e/o conseguenza.
Uno dei concetti cruciali credo sia quello dell’utilizzo delle risorse, delle materie
prime e delle fonti energetiche cui l’uomo ricorre quotidianamente per garantirsi
un livello qualitativo di vita, sulla cui irrinunciabilità gli autori sembrano
esprimere evidenti perplessità.
Può la specie umana, che vive in un ambiente finito,
delimitato, e le cui fonti sono, in gran parte, limitate, per quanto
abbondanti, continuare ad attingere a queste fonti in maniera indiscriminata
come se esse non dovessero mai esaurirsi?
Questo introduce il concetto di “Picco”, alla base del titolo
del libro, ovvero il punto di massimo sfruttamento/prelievo di una determinata
risorsa finita del pianeta (ad esempio il petrolio, il gas naturale, il
carbone, alcune materie prime come l’oro, il rame ecc.) superato il quale, quella determinata risorsa, pur continuando
ad essere presente sul pianeta, è destinata, sia pure lentamente, e con le progressive
opere di estrazione e prelievo, ad esaurirsi o, quanto meno, a divenire di
sempre più difficile reperibilità.
Altro concetto basilare è quello della crescita economica
condannata, al fine di garantire benessere, a progredire in maniera infinita,
così come la crescita, costante, del Prodotto Interno Lordo, il PIL e sulla cui attendibilità, come indice di
benessere di una nazione, ormai da tempo si sono levati pareri contrari, come
ben sappiamo.
E quando avremo esaurito il petrolio, cosa faremo? La qualità
della nostra vita potrà continuare ad essere la stessa dell’epoca attuale?
Le domande, nel corso della lettura, come già detto, si
susseguono quasi a catena, l’una conseguenza o causa della precedente. Dalla
crisi economica si passa ad analizzare quella energetica che, a sua volta, con
l’esaurimento progressivo delle fonti fossili (petrolio, gas e carbone) il cui
sovra utilizzo è causa della crisi ecologica e di tutto quello che la
caratterizza (e di cui tante volte abbiamo parlato su questo blog).
Le fonti rinnovabili possono rappresentare un’alternativa, ma
gli autori c’illustrano quali limiti esse abbiano almeno stando al loro
utilizzo in base alle attuali tecnologie.
Emerge invece un certo scetticismo verso i sostenitori della
filosofia dell’efficienza energetica, come una delle strade da seguire per il
futuro nell’uso delle fonti energetiche. Rifacendomi ancora direttamente al
testo: “…alla prova dei fatti, il
miglioramento dell’efficienza d’uso di una risorsa ne fa aumentare, anziché
diminuire il consumo.”, citando, a riguardo, W.S. Jevons ed il suo
paradosso.
Anche se Simonetta e Pardi ammettono di non poter prevedere
con esattezza quale sarà il futuro della specie umana, essi sembrano non
lasciare molte speranze sul fatto che la qualità della vita sia destinata a
cambiare, anzi meglio a “decrescere” usando il termine caro a Serge Latouche, (qui,
non a caso, più volte citato).
Gli autori, nella parte ultima del libro, forniscono tutta
una serie di suggerimenti utili ad adattarsi/adeguarsi al futuro che ci attende
nonché a mitigare le conseguenze delle nostre azioni passate e presenti, proponendoci
sostanzialmente un nuovo paradigma di stile di vita orientato ad una maggiore
sobrietà ed attenzione al rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, ed invitandoci
anche a riflettere sui valori davvero essenziali delle nostre vite, e da cui
invece il modello consumistico ci ha purtroppo allontanato.
Ritengo che “Picco per capre” sia una lettura molto
edificante specie per un giovane. Sicuramente proporrò, negli anni questo libro
ai miei figli, ma non con l’intento di spaventarli, bensì per stimolarli alla
consapevolezza ed alla riflessione, nonché alla discussione su questi temi innanzitutto
con me e mia moglie, da sempre più ambientalista del sottoscritto. Quando si è
giovani ci si può sentire immortali, o qualcosa di molto simile, e pertanto si
è spesso portati a sdrammatizzare ed a vivere con delle aspettative fiduciose
per il futuro che ci attende.
Quanto a me, purtroppo non sono più in giovane età; eppure
continuo a faticare ad accettare la prospettiva che davvero nel giro di qualche
decina di anni tutto possa definitivamente peggiorare.
Nonostante questo, o forse proprio per questa ragione, nel
dubbio, (che comunque mi attanaglia), negli ultimi tempi sono divenuto un po’
più fatalista, e tendo a propendere più alla filosofia del “carpe diem”,
sentendomi più cicala che formica.
Recentemente mi sono svegliato in un albergo sull’Adriatico ed
affacciandomi alla finestra della mia camera, la mattina mi sono trovato di
fronte l’alba che qui ho ritratto.
Di fronte a certi paesaggi è difficile perdere la speranza
per il futuro, ed il sentimento che provo è tutt’altro che preoccupazione ma
voglia di vivere, vivere, vivere, come fosse sempre l’ultimo giorno.
Quando nel 2009 ho aperto questo blog l’ho fatto innanzitutto
per me stesso, per costringermi a riflettere proprio ed innanzitutto sui temi
che affronta “Picco per capre”.
Negli anni ho cercato di documentarmi, approfondire certe
problematiche, e, nel mio piccolo, spronare anche qualcun altro a fare la
stessa cosa.
Ma, a distanza di qualche tempo, continuo ad essere confuso.
Che pianeta faremo? Chissà. Ancora non lo so.
Ma, se posso dare un consiglio - da capra naturalmente - a Simonetta
e Pardi, che tanti ne offrono a noi, eccolo: non vorrei che, a forza di
preoccuparci tanto del futuro che attende l’uomo e le altre specie viventi del
pianeta Terra, ci dimenticassimo di vivere e godere appieno ciò che la Terra e
la vita continuano ad offrire, prima che sia davvero troppo tardi.
A forza di ripetersi: ricordati che devi morire, ricordati
che devi morire, uno finisce col dimenticarsi di vivere…
Michele Salvadori