giovedì 27 agosto 2009

Oslo: bus a biometano da rifiuti solidi umani


La chiave per l’energia pulita? Può passare anche dalla nostra pupù …
E’ quanto si appresta a fare in Norvegia la città di Oslo.
Oslo, che mira infatti a divenire una delle capitali ambientalmente più sostenibili del mondo, ( obiettivo: emissioni zero entro il 2050), ha deciso di seguire la strada della produzione del biometano partendo dai suoi due impianti di trattamento delle acque scure per poi utilizzarlo come carburante per 80 dei suoi autobus municipali.
Il biometano è un biogas ricavato attraverso un processo di raffinazione che lo porta ad avere una percentuale di circa il 95% di purezza, tale da consentirgli di essere utilizzato come combustibile per veicoli a motore.
Anche una comune discarica di rifiuti urbani normalmente produce biometano. La sola differenza è che in quel caso la sua percentuale si aggira attorno al 45%, troppo bassa per essere utilizzata come combustibile per veicoli, ma comunque sufficiente per essere bruciata per produrre calore o energia elettrica. Nel nostro caso invece l’elevata percentuale del biogas è raggiunta grazie a un processo controllato in assenza di ossigeno e che per questo viene definito di Digestione anaerobica.
Una serie di microrganismi decompongono ogni residuo organico (rifiuti umani, scarti della cucina, scarti verdi, residui dei mattatoi, ecc.) producendo appunto CH4, ovvero il Metano.
Approntare una struttura produttiva come questa non è ancora, ad oggi, molto economico. Tuttavia, conti alla mano, il prodotto ottenuto dovrebbe venire a costare circa 40 centesimi di euro per litro in meno rispetto al costo di un litro di gasolio, (0,75 euro per il biometano contro i circa 1,15 euro attuale prezzo di un litro di gasolio in Norvegia).
I vantaggi immediati saranno i seguenti:
- saranno intercettate una gran parte delle circa 17.000 tonnellate annue di CO2 che altrimenti sarebbero state prodotte attraverso l’incenerimento di quegli stessi rifiuti;
- ognuno degli 80 autobus eviterà a sua volta di immettere nell’aria circa 44 tonnellate all’anno di CO2;
- oltre ad essere neutrale per le emissioni di CO2, la combustione del biometano produce il 78% in meno di ossidi di azoto, il 98% in meno di particolato rispetto alla combustione del gasolio, senza considerare la rumorosità ridotta di quegli stessi veicoli;
Contrariamente al bioetanolo prodotto da granaglie e piante, il biometano ha l’ulteriore vantaggio di non intaccare le risorse alimentari, né richiede l’utilizzo di fertilizzanti e acqua.
Chiudo con un dato piuttosto significativo: una città come Oslo ( 250.000 abitanti) è in grado di ricavare in tal modo carburante sufficiente a far percorrere in un anno a ciascuno dei suoi 80 bus adattati circa 100.000 km.
Fatte le dovute proporzioni una città come Milano, con oltre 1.300.000 abitanti, potrebbe produrre in un anno qualcosa come 10 milioni e mezzo di litri di carburante sufficienti a far lavorare 300 autobus per 100.000 km l’uno.
In Europa questo sistema è già stato adottato in Francia, dalla città di Lille e in Svezia, a Stoccolma.
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giovedì 6 agosto 2009

Perchè i coralli marini crescono meno


D’estate il pensiero corre, per molti di noi, all’idea del mare e al piacere di farsi una bella nuotata.
Chi ha la fortuna di vivere in un Paese come l’Italia ha sicuramente l’opportunità di raggiungere la costa con una certa facilità.
Purtroppo il mare è tra i primi elementi naturali del nostro Pianeta a risentire dei cambiamenti climatici.
Il fenomeno dell’innalzamento del livello delle acque è senza dubbio il più evidente.
Le splendide Isole Maldive sono gravemente minacciate da questo fenomeno, (la foto qui allegata è eloquente ). E, del resto, lo stesso problema è riscontrabile anche in Italia anche se con minore drammaticità.
Ma pure i microrganismi viventi sotto la superficie delle acque sono purtroppo coinvolti.
Ad esempio, pare impossibile, eppure le forti emissioni di CO2 prodotte dalle attività umane in atmosfera danneggiano, sia pure indirettamente, coralli, conchiglie e plancton!
Come? E’ quanto ha dimostrato uno studio sull’acidificazione degli oceani realizzato da un gruppo di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research, diretto dal Professor Stefan Rahmstorf, che è giunto alle seguenti conclusioni:
-ogni anno gli oceani assorbono circa 2 miliardi di tonnellate di CO2 (circa il 30% delle emissioni globali);
-il Carbonio così assorbito causa come conseguenza una progressiva acidificazione delle acque oceaniche.
-l’acidificazione delle acque a sua volta rende sempre più difficile la formazione dei gusci e degli scheletri calcarei negli organismi marini ( dal plancton ai coralli).

Il grafico qui a fianco mostra il progressivo peggioramento delle condizioni ideali per la formazione dell’aragonite, una delle principali componenti, a base di Carbonato di Calcio, dei microrganismi che concorrono alla formazione dei coralli e che, appunto, con l’aumento dell’acidità delle acque, tende a dissolversi in acqua.
Nella tabella (a) si possono notare le condizioni che si avevano nell’epoca preindustriale, nella (b) le condizioni attuali, e infine nella (c) si illustra la situazione che, con i ritmi previsti di emissioni di CO2, potremmo raggiungere attorno all'anno 2065: in tutti gli oceani verrebbero a mancare le condizioni ideali per la formazione dei coralli e degli altri microrganismi!

Ancora una dimostrazione di come tutto in natura sia strettamente interconnesso.

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